Edouard Mendy ha appena parato il rigore a Mohanad Lasheen. A molti non è chiaro a che punto della sequenza siano arrivate le due squadre, fino a quando dal capannello di calciatori del Senegal spunta il numero dieci. È il momento di Sadio Mané. È il suo appuntamento con la storia. Il pubblico se ne accorge e un boato di attesa misto a tensione invade lo stadio di Olembe. Tutti i compagni si radunano in cerchio intorno a Mané per tranquillizzarlo.
Durante la serie finale di calci di rigore aveva passeggiato solo e disperato in mezzo al campo per averne sbagliato uno nei tempi regolamentari che avrebbe potuto indirizzare diversamente la finale. Il capitano Koulibaly gli dà un ultimo abbraccio e lo invita ad andare verso il dischetto. Sarà gol. Il Senegal è per la prima volta campione d’Africa.
Dall’altra parte, uno stremato Mohamed Salah, che non ha potuto battere il suo rigore, si copre il viso con la maglietta. Yaoundé, sotto il cui cielo si era respirata vittoria d’Egitto per lunghi tratti della partita, si trasforma in una piccola Dakar. Si è concluso così, in Camerun, l’ultimo atto della trentatreesima edizione della Coppa d’Africa che vedeva opposte le nazionali di Senegal ed Egitto.
Si è concluso offrendoci la fotografia più toccante del torneo. Un’esplosione di gioia che molti senegalesi hanno espresso attraverso lacrime incessanti per un trofeo che attendevano da decenni. Almeno cinque persone, tra tifosi e giornalisti, sono svenute per non aver retto alla felicità.
Non è stata una finale entusiasmante, ma era prevedibile conoscendo gli schieramenti tattici dei due allenatori e il loro atteggiamento attendista e conservativo. In particolare quello dell’Egitto del portoghese Carlos Queiroz che, consapevole della stanchezza fisica e inferiorità tecnica dei propri uomini, ha cercato di frustrare il Senegal e condurlo lentamente verso la lotteria dei rigori in cui le differenze si annullano.
Ciò non toglie che sia stata una finale intensa, ben combattuta e che ha registrato picchi di emozione a cui non si poteva rimanere indifferenti. Come quello vissuto dal tecnico senegalese Aliou Cissé, solitamente molto pacato e misurato negli atteggiamenti. Dopo l’ultimo rigore che ha consegnato la coppa ai Leoni della Teranga. Cissé, che aveva sbagliato il rigore decisivo nella prima finale che il Senegal disputò nel 2002 contro il Camerun, si è lasciato andare a una breve corsa liberatoria. Poi si è accasciato a terra e ha permesso alle emozioni di prendere il controllo.
È il secondo allenatore africano consecutivo a vincere la Coppa d’Africa dopo l’algerino Djamel Belmadi. Curiosamente entrambi sono legati alla cittadina francese di Champigny-sur-Marne, dove sono cresciuti. Questa edizione del massimo torneo africano per nazionali, voluta fortemente dal presidente camerunese Paul Biya che anche ieri si è concesso al pubblico in un giro di campo d’antan in limousine, sarà ricordata anche per le numerose controversie che l’hanno caratterizzata.
Dalle pressioni dei club europei a dicembre per un rinvio della competizione ai sospetti sui test Covid-19 effettuati alle squadre partecipanti, passando per la diatriba sul rilascio alle nazionali dei calciatori africani che militano in Europa. Dal terribile conflitto armato in corso nelle regioni anglofone, alla inaccettabile tragedia di Olembe in cui otto persone che tentavano di entrare allo stadio per assistere all’ottavo di finale tra i padroni di casa del Camerun e le isole Comore sono morte.
Il calcio ha il potere di cancellarle le controversie. Tutte, indiscriminatamente. Talvolta è un potente elemento unificatore. In altre circostanze si converte in un subdolo strumento di soppressione di problemi e sofferenze. Un silenziatore di atrocità e richieste di aiuto. Alcuni camerunesi anglofoni che si sono recati allo stadio per seguire la nazionale dei Leoni Indomabili si sono dimostrati fiduciosi e hanno dichiarato che la Coppa d’Africa contribuirà a unificare la popolazione camerunese.
Dopo aver conosciuto il nome del vincitore sul campo, non ci resta che attendere per sapere se sarà davvero così e per capire chi, in Camerun, otterrà i maggiori benefici dall’organizzazione di questa Coppa d’Africa.