Si risale la rotta dei Balcani sulle orme di persone migranti che vorrebbero arrivare in quel continente civico che oscilla tra il compassionevole “poveretti” e il preoccupato “sono troppi, come facciamo a prenderli tutti. Aiutiamoli a casa loro”.
Uno scritto che accompagna, attraversando i confini, e che comincia con una porta che si apre per far entrare quattro uomini che stanno cercando di varcare la frontiera tra gli stati italiano e francese. A meno undici gradi. Una porta che si schiude per poi far immergere chi legge dentro quell’odio di chi vive nella paura delle persone migranti, per cui invoca «il diritto a difendersi non si sa da cosa, buttandoli anche a mare o chiudendoli in qualche recinto».
Un odio che condanna con l’arresto chi sceglie di accogliere, traghettare verso l’altro capo del confine o accompagnare in auto donne partorienti in ospedale. Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina lo chiamano questo reato di una guerra invisibile. Pagina dopo pagina, il teatro dell’assurdo è un teatro di cui siamo spettatrici e spettatori ogni giorno, senza più scandalizzarci, anestetizzati da quell’odio che passa come normale.
Che cancella le storie di chi è in viaggio da 16 anni per arrivare in Europa, di bambini che nascono in mezzo alle foreste, apolidi, per cui nessuno stato pare poter diventare quella tanto declamata patria. Turchia e Grecia, Montenegro e Cossovo, Bosnia e Croazia, tutto suona respingimento, in nome della nostra fortezza che si blinda e pensa così di lasciare un’umanità fuori. Clandestina.