«Se padre Léon fosse restato nel suo paese, o non avesse osato entrare nel nostro quartiere povero della mia città natale, come avrei potuto seguire la mia vocazione?». Una vocazione al servizio missionario venuta dunque non dall’Alto, ma dall’esempio di un missionario olandese spiritano, quel padre Léon van den Wildenberg, che era parroco della cattedrale di Bangassou nell’est centrafricano quando lui era ragazzo. «Quell’uomo mangiava con i più poveri e parlava loro di Dio? Avrei fatto come lui», scrive.
Il libro è l’autobiografia (prefazione di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di sant’Egidio), a volte espressa in uno stile naïf, alla maniera dei “fioretti”, in cui il cardinal Diuedonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, si racconta, a partire dalla sua infanzia a Bangassou, in una famiglia povera («vestivamo di stracci»). Divenuto prete, al termine degli studi in Francia, ove scopre che povertà, solitudine, emarginazione non sono proprie solo all’Africa, padre Dieudonné vi rimane per iniziare il suo servizio sacerdotale, tra gli adolescenti, orfani apprendisti ad Auteuil.
Nel 2005 rientra in Centrafrica come responsabile degli spiritani nel suo paese. La Chiesa e la società centrafricane stanno vivendo una crisi profonda che porterà alle dimissioni di due dei sette vescovi, così come alla fuga del presidente François Bozizé e alla conquista di Bangui da parte della ribellione Seleka (Pasqua 2013) che si era scatenata a partire dal nord nel 2010. Nel 2009 padre Nzapalainga viene nominato amministratore apostolico di Bangui. Non gli fu facile farsi accettare da un clero sceso in sciopero contro la decisione di Roma. Nel 2012 è arcivescovo di Bangui.
Monsignore si dilunga sul suo impegno, in compagnia del pastore Nicolas e l’iman Omar Kobine, «uomo di Dio e un artigiano di pace», con cui stabilisce una reale fraternità, contro la visione confessionale del conflitto. Percorrono insieme il paese per “convertire i cuori”, anche a disprezzo della propria vita pur di “disarmare” i responsabili del caos centrafricano.
Questo sforzo per la pace e la riconciliazione viene riconosciuto da papa Francesco che a Bangui, ancora così divisa tra cristiani e musulmani, apre la porta del giubileo della misericordia, a fine 2015. Quella visita inaugura una tregua che sembra tenere… E alla prima occasione, nel 2016, Francesco crea cardinale il vescovo Nzapalainga (vedi il capitolo “Un cardinale per i poveri”), allora il più giovane membro del sacro collegio, mentre i centrafricani esprimono il loro orgoglio «come se avessimo vinto i Mondiali di calcio».
Al cardinale auguriamo lunga vita perché il Centrafrica ha ancora molto bisogno della sua resilienza di uomo di dialogo e pace.