La storia dell’uomo - Nigrizia
Libri
Siphiwe Gloria Ndlovu (Traduzione di Chiara Manfrinato)
La storia dell’uomo
Francesco Brioschi, 2023, pp. 318, € 18,00
14 Marzo 2024
Articolo di Arianna Baldi
Tempo di lettura 3 minuti

Il romanzo inizia con il protagonista, Emil Coetzee, mentre si lava le mani sporche di sangue in un lavandino bianco. Una scena che racchiude i due elementi che fanno da filo conduttore per tutto il romanzo: la distruzione e il suprematismo bianco, che pian piano si sgretola, ricoperto dall’ondata di acqua color ruggine dove Emil si strofina le mani fino a scorticarle. La sua vita è un viaggio nelle rimozioni coloniali che vengono qui smascherate dall’interno.

Per questo Ndlovu ha scelto di raccontare l’indipendenza dello Zimbabwe, suo paese natale, attraverso la storia di un afrikaner, un uomo bianco nato nel continente africano, al quale sente di appartenere a tutti gli effetti. La prima volta che Emil si innamora è ammirando da bambino le vedute sconfinate delle praterie dell’Africa meridionale.

Un’Africa, però, dove le persone nere sembrano non esistere. Nella parte iniziale del romanzo appaiono solo sporadicamente come epifanie perturbanti che traumatizzano e disgustano il protagonista.

Emil cresce in una scuola per soli bianchi, dove si studiano gli autori ritenuti simbolo del colonialismo, come Rudyard Kipling e Joseph Conrad. Ed è attraverso le lezioni della Selous School che Ndlovu sviscera un elemento portante del romanzo: il fondamento teorico del colonialismo è intrinsecamente, ontologicamente intrecciato a un’idea precisa di mascolinità.

L’obiettivo esplicito della scuola è di formare «veri uomini» e non «gentiluomini». Veri uomini che sanno di avere un privilegio che possono tenersi stretti solo attraverso la violenza. Tant’è che il professor Archie, voce fuori dal coro all’interno dell’istituto, allo scoppio della Seconda guerra mondiale domanda provocatoriamente quale sia la differenza tra quello che stanno facendo i nazisti in Polonia rispetto a quello che hanno fatto loro nel continente africano.

Una domanda dalla quale Emil viene perseguitato per tutta la vita, attraverso segnali che gli rivelano la fallacia dell’ideologia con cui è cresciuto. Il rosso del sangue è anche il rosso della cloche femminile indossata dal padre e delle scarpe con i tacchi a spillo calzate dal figlio, in due diversi momenti del romanzo in cui il protagonista li scopre vestiti da donna.

Il crollo del dominio colonizzatore si accompagna all’emersione di nuovi equilibri di genere nella società, caratterizzati da una inaspettata indipendenza femminile che annichilisce il protagonista. Per assomigliare di più al tipo di uomo che vorrebbe essere, quello incarnato dal suo amico Courtney, Emil si illude di aspirare alla società multirazziale.

Per questo il progetto che lo rende noto in tutto il paese, l’Organizzazione degli affari interni, nasce con l’idea di «ridare una storia e un’identità agli africani», attraverso un’operazione che consiste sostanzialmente nel registrarne tutte le informazioni. Uno dei principali strumenti usati poi dal governo per reprimere la guerra civile che porta all’indipendenza dello Zimbabwe alla fine del 1979.

Emil, dietro la facciata di uomo moderno e di successo che si è a fatica costruito, perseguita, tortura, uccide chiunque attenti al suo privilegio di uomo bianco: i terroristi, come vengono chiamati dai suprematisti e colonizzatori. Ma il rimosso che ha cercato di dominare per tutta la vita alla fine gli scoppia fra le mani.

Siphiwe Gloria Ndlovu, classe 1977, regista e ricercatrice oltre che scrittrice, offre con questo libro un’opera ambiziosa ma ben congegnata, che le è valsa il premio Windham Campbell nel 2022.

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