In Nordafrica la crisi dovuta alla persistente siccità mette sempre più in allerta i paesi coinvolti in merito allo sfruttamento delle risorse d’acqua sotterranea finora condivise, in particolare riguardo al tradizionale approvvigionamento per l’irrigazione e la disponibilità di acqua potabile.
Ѐ in caso delle acque del bacino di Ghadames, l’enorme falda acquifera (circa 350mila km2) condivisa da Algeria, Tunisia e Libia, che potrebbe trasformarsi in una fonte di controversie e conflitti tra i tre paesi, secondo il quotidiano Libya Tribune.
Il cambiamento climatico dovuto al riscaldamento globale sta infatti colpendo sempre più duramente il settore settentrionale del continente, dal Sahel al Nordafrica, con una preoccupante siccità che si sviluppa nella fascia desertica e semi-desertica.
Per Tunisi, Algeri e Tripoli le risorse idriche costituiscono dunque una delle risorse più importanti in prospettiva futura. E già si profilano contese sulle acque sotterranee nella regione.
A tale riguardo, la Tunisia teme che le attuali ambizioni di sfruttamento dell’Algeria (il bacino è ricco anche di gas e petrolio) possano rafforzare la crisi idrica del paese, mentre la Libia tenta un dialogo, invitando alla creazione di un comitato di sfruttamento congiunto.
Un chiaro indicatore della controversia possibile sulle risorse delle acque sotterranee della regione è la crescente tendenza dell’Algeria ad usare le acque sotterranee per esplorare ed estrarre gas di scisto, operazione che minaccia l’ambiente e la qualità della vita delle persone, e potrebbe trasformarsi in fonte di instabilità politica anche interna.
Questo anche perché molti algerini non sembrano fidarsi del loro governo, temendo che intenda sacrificare le risorse vitali delle generazioni future per guadagni a breve termine.
Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, la vulnerabilità dell’Africa a tali cambiamenti è dovuta a numerosi fattori, tra cui una bassa capacità adattiva, un’elevata dipendenza dagli ecosistemi per i mezzi di sussistenza e ai deboli sistemi di produzione.
Come riportato dalla Global Forest Resources Assessment 2000 della Fao, solo il 10% del territorio nordafricano riceve più di 300 mm di precipitazioni all’anno, aggravando sempre di più la situazione.
La riduzione delle precipitazioni ha anche fatto calare in modo notevole il livello di conservazione dell’acqua nelle dighe, il che ha influenzato la produzione agricola lungo le rive di molte aree comuni, in particolare tra Algeria e Tunisia, e persino in ciascun paese separatamente.
La Libia, dal canto suo, è stata il primo paese a riconoscere l’entità della siccità e la necessità del paese di sviluppare progetti di irrigazione efficaci, completando un piano chiamato The Man-Made River per fornire acqua potabile alla capitale Tripoli e alle città occidentali da un bacino comune ai tre paesi.
Di recente, infatti, alle Nazioni Unite, il vicepresidente del Consiglio presidenziale libico, Musa al-Koni, ha invitato i governi a «istituire una commissione congiunta per lo sviluppo di risorse idriche nei bacini fluviali comuni nel bacino di Ghadames».
Attualmente, il tasso di sfruttamento include 6.500 pozzi di estrazione delle acque sotterranee. La metà di questi si trova in Libia, 1.200 in Tunisia e 1.100 in Algeria.