Nonostante la rilevanza demografica, l’impatto economico delle sue rimesse e la garanzia del diritto alla rappresentanza politica in Parlamento stabilita in Costituzione, la diaspora delle Comore non potrà votare alle elezioni in programma in due turni questa domenica 14 gennaio e poi, per un eventuale ballottaggio, il 25 febbraio. Alla questione ha messo un punto definitivo una sentenza della Corte suprema del paese.
Il tema è fra i più controversi in vista del voto con cui il presidente in carica Azali Assoumani proverà ad aggiudicarsi contro cinque candidati il terzo mandato di fila, compreso quello propiziato da voto anticipato organizzato nel 2019 dopo una riforma della Costituzione e un referendum. In caso di vittoria, il capo dello stato, pure leader di turno dell’Unione Africana, giungerà al potere per la quarta volta tramite elezioni dal 2002. A queste quattro legislature vanno sommati tre anni di mandato militare, guidato fin dalla sua instaurazione dopo un colpo di stato nel 1999.
Le Comore si trovano nella parte settentrionale del canale di Mozambico e sono un arcipelago composto fisicamente da quattro isole e politicamente da tre. In occasione di un referendum organizzato nel 1974 infatti, gli abitanti dell’isola di Mayotte decisero di non affrancarsi dalla Francia, al contrario di quanto votato dalla popolazione degli altri tre territori insulari, che proclamarono la loro indipendenza da Parigi l’anno dopo. Domenica oltre 300mila cittadini aventi diritto, su una popolazione di circa 870mila persone, voteranno il prossimo capo dello stato e i governatori delle tre isole.
Dal 1975 a oggi, la storia delle Comore è stata segnata da numerosi colpi di stato oltre che da conflitti interni, derivati per lo più dagli alterni tentativi di ottenere maggiore autonomia o l’indipendenza da parte delle tre isole che compongono l’arcipelago. Gli ultimi dieci anni sono stati segnati da una maggiore stabilità, anche se le elezioni del 2016 sono state caratterizzate da accuse di frodi, al punto da dover essere ripetute in alcune aree del paese.
Le incognite del voto
L’appuntamento elettorale di quest’anno si prospetta teso. Parte delle opposizioni, fra cui i movimenti che si sono negli anni organizzati in esilio, chiedono di boicottare le urne. Il resto dei movimenti contrari al governo ha lamentato irregolarità già nella fase di registrazione delle liste elettorali. Tutte le opposizioni denunciano inoltre la presunta parzialità della Commissione elettorale indipendente e individuale (CEII) e squilibri nel nuovo ordinamento voluto da Assoumani, entrato in vigore dopo il referendum costituzionale del 2019 e volto soprattutto a garantire al presidente la possibilità di concorrere ad altri due mandati, a detta dei detrattori del governo.
Altri temi caldi della campagna elettorale sono la liberazione di quelli che vengono definiti «prigionieri politici», il costo della vita e l’inflazione, in vertiginoso aumento negli ultimi due anni fino a superare il 20% su base annua sul finire del 2022, e poi la situazione del settore dell’istruzione. La scorsa settimana il governo e il sindacato degli insegnanti hanno siglato un memorandum d’intesa che ha messo fine a oltre un mese mezzo di sciopero, ma le tensioni persistono. I docenti avevano convocato la mobilitazione per chiedere un miglioramento immediato delle loro condizioni salariali.
La questione delle diaspore merita invece un capitolo a parte. A settembre la Corte suprema delle isole ha rifiutato un appello per permettere di partecipare al voto ai cittadini delle Comore che risiedono all’estero, che sono 120mila secondo le Nazioni Unite e circa 300mila stando a una stima rilanciata dai media francesi. In Francia risiede buona parte della diaspora dell’arcipelago. In modo particolare a Marsiglia, al punto che la seconda città francese per popolazione si è guadagnata dagli abitanti delle Comore l’appellativo di “quarta isola”. Rilevante anche il peso delle rimesse, che per la Banca Mondiale rappresentano quasi il 20% del Prodotto interno lordo del paese.
Quanto conta la diaspora
Secondo l’avvocatessa che ha presentato il ricorso, Maliza Said Soilihi, ex consigliere comunale proprio di Marsiglia, «il codice elettorale delle isole promulgato nel 2023 specifica le modalità di applicazione del diritto fondamentale» relativo al voto della diaspora. La sentenza del più alto organismo della giustizia delle Comore sarebbe quindi il riflesso del «timore dell’influenza e il potere che la diaspora potrebbe costituire».
Non è d’accordo il ministro dell’Agricoltura e portavoce del governo Houmed Msaidié. Parlando con l’emittente Radio France Internationale (RFI), il dirigente ha ammesso che un articolo della Costituzione «prevede che la diaspora possa essere rappresentata a livello dell’Assemblea nazionale», ma ha al contempo sostenuto che «nessuna disposizione prevede che la diaspora possa votare alle elezioni presidenziali». Secondo il ministro inoltre, non è vero che gli abitanti della diaspora, fra cui ci sono anche politici in esilio, siano più inclini a votare per le opposizioni. Msaidié ha quindi smentito qualsiasi legame fra questa dinamica e il divieto sancito dalla Corte suprema.
Qualora dovesse vincere, un’eventualità che sembra da dare per scontato leggendo la maggior parte delle analisi, Assoumani proseguirà a governare il paese nel solco del programma decennale Plan Comores émergent 2030, inaugurato nel 2019 con le priorità di «pace, sicurezza e democrazia».
A oggi, stando a dati delle Nazioni Unite, il 19% della popolazione delle Comore vive al di sotto della soglia di povertà di 2,15 dollari al giorno mentre il 37% vive una condizione di povertà multidimensionale dal punto di vista sanitario, educativo e degli standard di vita. Un altro 22% della popolazione è a rischio di scivolarvi.