Schiaffo dell’Egitto al governo libico di Tripoli in occasione della riunione della Lega araba che si è tenuta ieri al Cairo.
La delegazione egiziana si è alzata e ha abbandonato la sala, dove si svolge la 158ª riunione ministeriale araba, quando Najla El Mangoush, la titolare della diplomazia del governo libico del premier di Tripoli Abdul Hamid Mohammed Dbeibah, è stata chiamata a presiedere i lavori dell’assemblea.
Gli Emirati Arabi Uniti sono intervenuti e hanno imposto che la ministra venisse ascoltata ugualmente.
Uno strappo diplomatico, quello tra l’Egitto e il Governo di unità nazionale (Gun) che non è passato inosservato.
Il Cairo afferma di aver lasciato la riunione della Lega Araba perché El Mangoush rappresenta un «governo la cui legittimità è scaduta», come ha ribadito ad Al Arabiya TV, il ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukry.
“Governo riconosciuto internazionalmente”
El Mangoush ha commentato l’incidente affermando di rispettare la posizione egiziana, ma di non condividerla, aggiungendo che la sua presenza alla riunione è sostenuta a livello internazionale in quanto il Gun è il governo di transizione libico riconosciuto dalla comunità internazionale come da conferenze di Berlino e Parigi.
L’Egitto ha risposto che il caos libico rappresenta una minaccia alla sua stabilità, con i militanti che usano il deserto libico come rifugio sicuro da cui lanciare attacchi mortali alle forze di sicurezza egiziane e ai cristiani.
Storicamente, Il Cairo è sempre stato vicino al governo di Tobruk, che in questo momento è rappresentato da primo ministro Fathi Bashagha. Il quale nei giorni scorsi aveva rilasciato una dichiarazione in cui rifiutava che la presidenza della 158ª sessione del Consiglio della Lega Araba fosse affidata al governo guidato da Dbeibah, secondo quanto riportato dal sito Libya Update.
«Con questa azione, la Lega araba viola il suo ruolo acclamato di piena solidarietà con lo stato libico nella sua crisi e il riconoscimento del governo libico come unico rappresentante legittimo del popolo libico», si legge nella dichiarazione del governo di Bashagha.
«Tali misure minacciano la stabilità e l’unità del paese e rappresentano un pregiudizio nei confronti di un esecutivo il cui mandato è scaduto e che non ha legittimità giuridica», ha sottolineato.
Scontri
L’attuale situazione di stallo politico della Libia è nata dal mancato svolgimento delle elezioni di dicembre e dal rifiuto di Dbeibah di dimettersi. In risposta, il parlamento del paese, che ha sede a est, ha nominato un primo ministro rivale, Fathy Bashagha, che da mesi cerca di installare il suo governo a Tripoli.
Le divisioni hanno contribuito a nuovi combattimenti in Libia, dilaniata dalla guerra. Scontri mortali tra le milizie sostenute dalle due amministrazioni rivali hanno ucciso 32 persone il mese scorso nella capitale libica, facendo presagire un ritorno alla violenza dopo una lunga situazione di stallo politico.
L’escalation minaccia di mandare in frantumi la relativa calma di cui la Libia ha goduto per la maggior parte degli ultimi due anni. La nazione, ricca di petrolio, è sprofondata nel caos in seguito alla rivolta sostenuta dalla Nato che nel 2011 ha rovesciato e ucciso l’autocrate di lunga data Muammar Gheddafi.