Alla vigilia di un altro viaggio in Africa che lo vedrà in Gabon, Angola, Congo e Repubblica democratica del Congo (1-5 marzo), il presidente francese Emmanuel Macron ha presentato all’Eliseo, lunedì 27 febbraio, la strategia “rivista” della Francia per l’Africa cioè gli orientamenti della sua politica africana per i prossimi anni.
All’inizio del suo discorso, Macron ha voluto esprimere la sua «profonda umiltà di fronte a quanto il continente africano sta vivendo», contesto che qualifica di «situazione che non ha precedenti nella storia», con «un sacco di sfide formidabili».
«Dalla sfida securitaria climatica alla sfida demografica di una gioventù montante a cui bisogna proporre un avvenire per ciascuno dei paesi africani», Macron è passato a dire che bisogna «consolidare gli stati e le amministrazioni, investire massicciamente nell’educazione, la salute, il lavoro, la formazione, la transizione energetica».
Ha quindi annunciato una «legge quadro» per «nuove restituzioni» di opere d’arte «in favore dei paesi africani che ne fanno richiesta». Cosa già fatta per il Benin.
La legge «sarà proposta nelle prossime settimane dal ministro della cultura al nostro parlamento – ha aggiunto ‒ e permetterà di fissare la metodologia e i criteri di procedere a queste restituzioni, fondandosi su un partenariato culturale e scientifico capace di accogliere e conservare le opere stesse».
Il presidente francese si augura di poter iscrivere questa sua iniziativa in una dinamica più vasta che coinvolga anche tutti i paesi europei.
Basi militari cogestite
Nella logica del rifiuto di ridurre l’Africa a un «campo di competizione», privilegiando invece una relazione «equilibrata», Macron ha fatto un annuncio importante: «La Francia non avrà più sul continente, in futuro, che basi militari cogestite con i paesi interessati». E questo si farà tramite una «diminuzione visibile» degli effettivi francesi schierati, impegnandosi però in materia di formazione e rifornimento di attrezzature. Il presidente ha parlato di un «nuovo modello di partenariato» che comporta una crescita esponenziale degli africani.
Il discorso ha offerto a Macron anche l’occasione per tracciare un bilancio dell’azione del suo governo nei confronti dell’Africa. Si è detto certo di essere riuscito, nel suo primo mandato, a “scuotere” dei tabù, in particolare nei confronti del franco cfa e delle prime restituzioni dei beni culturali africani razziati durante la schiavitù e la colonizzazione.
Ha aggiunto che tre miliardi di euro sono stati investiti tramite il programma Choose Africa nel sostegno all’imprenditoria giovanile.
Il presidente è tornato anche sulla situazione securitaria nel Sahel. A giustificazione dei fallimenti dell’esercito francese nei confronti del terrorismo, ha detto che la Francia non può da sola apportare soluzioni politiche.
Ha quindi svelato gli assi portanti della sua politica africana nel suo secondo mandato. Lancia un appello agli imprenditori francesi perché investano in Africa, in competizione con altri paesi occidentali e non, ma senza considerare il continente un pré-carré, un appannaggio riservato ai francesi: «L’Africa non è più un “pré-carré” per la Francia ‒ dice apertamente ‒, ha invece “amicizie”, “doveri” sul continente, e anche “interessi”».
Nessuna nostalgia dunque per la Françafrique, aggiunge, ma senza lasciare un vuoto dietro di sé. Intende quindi rivedere il dispositivo di sicurezza e di difesa della Francia in Africa: più accademie militari, più scuole, partenariati in cui si farebbe formazione per la difesa e formazione degli eserciti africani.
Serve umiltà
Macron vuole partner a tutti gli effetti, da prendere con serietà (le parole partner e partenariato sono tornate più volte nel suo discorso). Il suo invito è a cambiare sguardo sul continente, considerando i partner africani come veri partner. Per lui, se ci sono nuovi partner che si installano in Africa e occupano le posizioni che prima erano francesi, è perché questi prendono sul serio i paese africani.
Qualche osservazione. Macron fa autocritica parlando di necessaria “umiltà”: riconosce che forse non tutto è stato così durante il suo primo mandato. E che le cose sarebbero potute andare (e farle) diversamente, in Mali in particolare dove c’è stato un netto rifiuto della Francia da parte della classe politica. La riforma della configurazione militare francese in Africa, con un nuovo formato per le basi militari francesi, potrebbe significare una specie di brigata mista, forse sul modello delle brigate franco-tedesche.
La nuova solidarietà sarà intanto “incarnata” da un nuovo vertice programmato per giugno, sul partenariato Nord-Sud, da tenersi a Parigi. Macron ci crede e scommette.
Infine, il problema ‒ quando il presidente francese denuncia (a ragione) i colpi di stato in Burkina Faso, Mali e Guinea, aggiungendo che la Francia deve parlare a tutti, oppositori compresi…‒ è di sapere se in Gabon, ad esempio, profitterà del suo viaggio per incontrare anche gli oppositori di Ali Bongo…