Fa sempre più discutere la situazione dei media in Malawi.
Nelle ultime settimane, il governo ha fatto chiudere ben 3 televisioni e 6 stazioni radio. Si teme che in bilico ce ne siano almeno altre 20, con circa 500 posti di lavoro a rischio.
Secondo quanto dichiarato dalla Malawi Communications Regulatory Authority (Macra), la causa di questa repressione starebbe nel mancato pagamento (obbligatorio) del canone annuale e si nega la presenza di alcun risvolto politico in questa vicenda.
Tuttavia, la Rainbow Television sostiene di aver pagato quanto dovuto già a giugno e di essere stata soppressa ugualmente insieme agli altri canali. Risulta per altro difficile credere si tratti di un caso: la Rainbow è una delle televisioni che critica maggiormente l’operato del presidente in carica, Lazarus Chakwera, e del suo governo.
Episodio senza precedenti
Sulle questione è intervenuto il Media Institute Southern Africa (Misa), organizzazione impegnata nella promozione e nella difesa della libertà di stampa e di espressione nel sud dell’Africa – e quindi anche in Malawi – sottolineando la gravità dell’accaduto, definito senza precedenti nella storia della democrazia malawiana.
Gli esponenti del Misa, apparsi lunedì 12 settembre davanti alla Commissione parlamentare per i media, l’informazione e la comunicazione, hanno inoltre sottolineato l’incoerenza delle licenze imposte ai media del paese rispetto a quanto pagato dagli altri settori. In Malawi, nell’ambito del turismo, un albergo di lusso paga allo stato un’imposta di 500mila kwatcha, la moneta locale, corrispondente a circa 500 dollari. I media, invece, hanno un canone calcolato direttamente in dollari che ammonta a ben 5mila dollari, ovvero dieci volte tanto.
Eppure, ribadiscono, il compito del Macra dovrebbe essere quello di supportare lo sviluppo dei media del paese e non di reprimerli.
Le voci di un tentativo di limitare la libertà di stampa da parte del governo non sono nuove. Già l’anno scorso aveva fatto scandalo la notizia dell’arresto di un giornalista del Nyasa Times, Watipaso Mzungu, poi rilasciato ma sottoposto per due ore a interrogatorio, semplicemente per aver riportato in un suo articolo le parole del capo del Centro per la democrazia e per le iniziative dello sviluppo economico, che aveva parlato del presidente Chakwera in toni tutt’altro che lusinghieri.