Inizialmente, la partenza da Kidal era stata fissata per il 31 dicembre. Poi per il 15 novembre. Ma la Missione multidimensionale integrata di stabilizzazione delle Nazioni Unite in Mali (Minusma) ha deciso di accelerare ulteriormente la partenza (al 31 ottobre), soprattutto a causa del deterioramento della situazione della sicurezza nel nord. Partenza rallentata dall’assenza di tutte le autorizzazioni di volo per i suoi aerei.
Ad agosto la Minusma aveva già lasciato cinque campi. Una parte del contingente, principalmente ciadiano, è partita in aereo. Ma gli altri hanno preso la strada per Gao. Oltre 500 chilometri di deserto sotto la costante minaccia di gruppi armati.
L’abbandono della Missione ONU fa seguito al ritiro delle truppe francesi annunciate dal presidente Macron nel febbraio del 2022
Gli attacchi
In una comunicazione pubblicata il 22 ottobre, la Minusma ha deplorato gli attacchi a due dei suoi convogli di peacekeeper partiti da Aguelhok e Tessalit per raggiungere Kidal via terra prima di dirigersi in Ciad. L’attacco, rivendicato dai gruppi islamisti della regione, ha causato feriti e ingenti danni materiali.
Le perplessità di Bamako
Ma per le autorità di transizione, queste tensioni non sono giustificate da una partenza precipitosa dei campi che hanno avuto in possesso, soprattutto quelli di Kidal.
Era stata, tuttavia, la stessa giunta militare, al potere dal 2021, a chiederne il ritiro lo scorso giugno, proclamando il “fallimento” della missione e denunciando la sua presunta “strumentalizzazione” delle questioni relative ai diritti umani.
La Minusma opera nel paese dal 2013 e ha svolto un ruolo cruciale nel sostenere e monitorare l’accordo di pace del 2015 con i ribelli tuareg. Ma la giunta salita al potere nel 2021 (dopo un altro colpo di stato nel 2020) ha iniziato a fare pressioni sui responsabili della Missione affinché se ne andassero. Le Nazioni Unite hanno accettato nel giugno 2023.
A essere rimpatriati sono più di 12mila caschi blu e 4.300 dipendenti civili. Circa mille i soldati ciadiani. 180 i militari uccisi in questi anni.
La prima base a essere chiusa dalla Minusma è stata quella di Tessalit. Il 19 ottobre un aereo della Missione era stato colpito da colpi di armi leggere mentre atterrava a Tessalit. Fortunatamente non ci sono stati feriti o gravi danni all’aereo.
L’altra base a essere dismessa è quella di Aguelhok
Le forze separatiste
Le forze Onu stanno accelerando il loro ritiro non solo per la presenza nel nord di gruppi terroristici islamisti come il Jamaat Nusrat al-Islam wal-Muslimin (JNIM), affiliato ad al-Qaeda, o il ramo saheliano dello Stato Islamico (EIGS).
Ma anche a seguito degli scontri tra le Forze armate maliane (FAMA) – sostenute dal gruppo russo Wagner – e gli ex separatisti che cercano una maggiore autonomia per il nord.
I gruppi a maggioranza tuareg combattono il governo maliano nel nord del paese da quando questo ha ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1960. Insieme ad altri gruppi separatisti, si sono ribellati nel 2012, chiedendo l’indipendenza o una maggiore autonomia per il nord del Mali, che chiamano Azawad, e alla fine hanno raggiunto un accordo. Un cessate il fuoco con il governo nel 2014 e la firma di un accordo di pace ad Algeri nel 2015.
L’accordo doveva porre fine all’insurrezione separatista e ripristinare l’autorità statale nel nord. Ma sono falliti i tentativi di dialogo con l’attuale governo di transizione, guidato dal colonnello Assimi Goita. La coalizione dei gruppi separatisti si è ritirata dagli ultimi negoziati nel dicembre 2022, dichiarando che sarebbe tornata al tavolo solo in un paese neutrale con la mediazione internazionale.
Gli ex separatisti considerano l’occupazione da parte delle forze armate delle ex basi Onu nelle aree sotto il loro controllo come una “aggressione” che viola l’accordo di pace del 2015.