A meno di un mese dalle elezioni del 10 novembre, un misterioso “informatore” ha gettato le Mauritius in una vera e propria crisi di identità politica. In molti nell’arcipelago dell’Oceano Indiano, un tempo leader nel continente in fatto di buona governance, sostengono che il paese stia perdendo la rotta.
I fatti: tutto inizia lo scorso 18 ottobre, quando una pagina Facebook intitolata Missie Moustass, “il signor baffo”, inizia a divulgare una serie di intercettazioni di telefonate e chiamate Whatsapp di figure di primo piano di politica, società e media locali. Fra questi si annoverano il candidato alle elezioni con il partito Laburista Shakeel Mohamed, il capo della polizia Anil Kumar Dip, ritenuto molto vicino al governo, due ex primi ministri e anche un diplomatico straniero. L’animatore di questa strana iniziativa, riportano i media locali, afferma di essere un funzionario pubblico che non vuole più tacere davanti alle malefatte dei potenti.
Rispetto al caso di Missie Moustass infatti, preoccupano due cose, premesso che indagini sono in corso è che ulteriori dettagli potrebbero emergere nei prossimi giorni: la prima è che evidentemente, qualcuno ha registrato le telefonate di diversi soggetti contro la loro volontà e molto probabilmente al di fuori di regolari indagini di polizia che prevedono l’utilizzo di questo strumento.
La legge mauriziana autorizza le intercettazioni solo nell’ambito di inchieste su terrorismo e un numero ristretto di altri reati ed è descritta come molto rigida nell’applicazione delle norme in materia. Di recente inoltre, riporta il portale locale Defimedia info, il primo ministro Pravind Jugnauth, sollecitato da un deputato, ha riferito al Parlamento che almeno dal 2019 al 2023 la polizia mauriziana non aveva avanzato richieste di sorveglianza telefonica verso persone indagate. Molti degli audio trapelati in quelli che già vengono chiamati Missie Moustrass Leaks, invece, risalgono proprio agli anni oggetto delle dichiarazioni del premier.
Oltre alla modalità della loro divulgazione però, anche il contenuto di questi audio inquieta i mauriziani. Diverse registrazioni imbarazzano le autorità del paese. Si va da dichiarazioni offensive verso le comunità cattoliche e musulmane del capo della polizia Kumar Dip a rivelazioni scomode su casi di cronaca irrisolti passando per minacce delle autorità di rallentare di proposito l’accesso a internet dei cittadini. Ma c’è di più ancora. Le ripercussioni dello scandalo potrebbero trascendere i confini della Mauritius.
Le isole contese
Le rivelazioni del misterioso giustiziere social giungono in un momento complicato per le isole: l’arcipelago ha da poco raggiunto un accordo con la Gran Bretagna per la risoluzione di una disputa territoriale sull’arcipelago delle Isole Chagos, la cui sovranità è stata concessa alle Mauritius dopo circa 60 anni di tensioni. Fra le persone intercettate, riferisce il quotidiano britannico The Indipendent, ci sarebbe anche l’Alto commissario britannico a Port Louis, Charlotte Pierre. La questione è delicata: il periodo compreso dalle intercettazioni si sovrappone ai negoziati per le Chagos.
Conversazioni che potrebbero aver toccato anche lo status dell’isola Diego Garcia, sede di una base militare congiunta di Regno Unito e Stati Uniti che i due paesi condividono per effetto di un’intesa segreta. E che hanno occupato dopo aver deportato con la forza gli abitanti originari.
Lo stabilimento militare, che secondo alcuni giornalisti e scrittori sarebbe anche servito come centro di torture segreto durante gli anni centrali della “guerra al terrorismo”, è stato utilizzato durante il conflitto in Afghanistan e Iraq. Da qui, si capiscono i timori di Londra. L’isola per altro, rimarrà sotto la gestione britannica per 99 anni grazie a una clausola prevista dall’accordo con le Mauritius.
Intelligenza artificiale?
A peggiorare le cose ci ha pensato poi la risposta del governo. Il premier Jugnauth, durante un comizio della campagna elettorale, ha detto che le intercettazioni sono il frutto di manipolazioni fatte con l’intelligenza artificiale e ha negato qualsiasi responsabilità del governo. Peccato che diverse persone interessate dallo scandalo abbiano già riconosciuto l’autenticità delle loro conversazioni.
Fra questi ci sono i cinque giornalisti finora coinvolti nel caso, fra i quali Nawaz Noorbux, direttore della nota emittente locale Radio Plus. Alcuni esperti inoltre, hanno fatto notare che i sistemi di intelligenza artificiale non potrebbero mostrare la padronanza di creolo mauriziano e dialetto indiano bhojpuri che si parlano sull’isola – figli della lunga storia di migrazione che caratterizza Mauritius – e che parlano alcune delle persone intercettate.
In un comunicato, l’organizzazione internazionale di sostegno alla libertà di stampa Reporter sans Frontiers (RSF) si è detta preoccupata del coinvolgimento dei giornalisti. In una nota si denuncia che mentre le Mauritius si avviano verso le elezioni, «queste fughe di notizie indicano un sistema di intercettazioni diffuse che non risparmia i professionisti dei media.
Le autorità – aggiunge l’organizzazione, per bocca del suo direttore in Africa subsahariana, Sadibou Marong -non possono nascondersi dietro le dichiarazioni sull’intelligenza artificiale per coprire questo grande scandalo. Chiediamo un’inchiesta indipendente per identificare i responsabili delle intercettazioni».
Diversi media del paese, da L’Express a 5 plus dimanche, hanno dedicato degli editoriali a quanto sta avvenendo. Minimo comun denominatore di questi articoli è lo sconforto verso il peggioramento della stato di diritto nel paese, tradizionalmente fra i più in salute d’Africa. Un calo di fiducia è certificato anche da sondaggi dell’osservatorio panafricano Afrobarometro, sia sulla libertà di stampa che sull’affidabilità del settore giudiziario.
Il colpo di grazia è giunto però dall’ultimo report sulla governance in Africa della Mo Ibrahim Foundation. La ricerca, pubblicata per la prima volta nel 2007, ha mostrato un peggioramento di quattro punti nel decennio 2014-2023 rispetto a diversi indicatori chiave dell’indice, come il rispetto dello stato di diritto o la percezione dell’accesso ai servizi. Mauritius non è più il primo paese del continente per gli standard di governance: è stato superato dalle sorelle Seychelles.
Alle elezioni del 10 novembre, il premier Jugnauth, che guida il paese dal 2017, se la vedrà principalmente contro il leader dell’opposizione, l’ex premier Navin Ramgoolam. Gli elettori decideranno la composizione del Parlamento, che determinerà poi la formazione del governo.