Meta a processo in Kenya per condizioni degradanti dei lavoratori
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Accolta dal tribunale del lavoro la denuncia di un ex moderatore di contenuti per Facebook e Instagram
Meta a processo in Kenya per condizioni degradanti dei lavoratori
07 Febbraio 2023
Articolo di Redazione
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Un tribunale del lavoro kenyano ha respinto ieri l’istanza presentata da Meta, contro le accuse rivolte al gigante dei social media (Facebook, WhatsApp e Instagram) da Daniel Motaung, un ex moderatore di contenuti che denuncia abusi sui lavoratori e sfruttamento nel centro di Nairobi gestito da Sama, l’appaltatore di Meta per l’Africa orientale e meridionale.

Motaung sostiene di aver sofferto di disturbo da stress post-traumatico a causa della costante esposizione a immagini inquietanti e disturbanti. Afferma inoltre che Sama ha sottoposto i lavoratori a condizioni di lavoro degradanti, che includevano salari bassi e irregolari, violazioni della privacy e della dignità, e supporto inadeguato per la salute mentale.

Ieri il tribunale ha dunque stabilito che Meta può essere citata in giudizio. Un processo che potrebbe creare un prezioso precedente legale affinché «i moderatori dei contenuti siano protetti nei paesi in cui vivono», ha commentato il responsabile locale di Amnesty International.

Un precedente che in realtà già c’è. Si tratta di un processo concluso nel 2021 negli Stati Uniti, dove un giudice della California ha stabilito che Meta debba pagare 85 milioni di dollari a oltre 10mila moderatori di contenuti, che hanno subito danni a causa di immagini violente.

Ma in Kenya il colosso di Mark Zuckerberg deve rispondere anche in un’altra denuncia. Proprio domani un tribunale dovrà esaminare il caso presentato dall’accademico etiopico Abrham Meareg che accusa il Facebook di aver contribuito all’istigazione dei massacri etnici in Etiopia permettendo la diffusione di messaggi di istigazione all’odio.

La causa, sostenuta da Amnesty International e dall’organizzazione no profit britannica Foxglove Legal, chiede tra l’altro il pagamento di 1,6 miliardi di dollari, destinati alla creazione di un fondo per le vittime africane dell’odio e della violenza incitate sul popolare social media.

Proprio in rapporto al Kenya, il 28 luglio 2022 un rapporto dell’organizzazione Global Witness accusava il social network di non essere intervenuto per oscurare decine di post che incitavano alla violenza e ne chiedeva la sospensione fino alla conclusione delle imminenti elezioni. Richiesta che, peraltro, non ha avuto seguito per l’intervento dell’allora ministro dell’interno Fred Matiang’i a favore del social.

Una denuncia avvallata da un altro studio, questa volta dell’Institute for Strategic Dialogue, che un mese prima sanciva che Facebook non era riuscito a bloccare i post estremisti colmi di odio pubblicati da al-Shabaab e del gruppo Stato islamico in Africa. (MT)

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