La Chiesa metodista unita (CMU) conta circa 5,4 milioni di membri negli Stati Uniti e 4,6 milioni in Africa, Europa e Filippine. In Africa da molto tempo si protrae nella Chiesa metodista un forte dibattito riguardante il ruolo e la presenza delle persone LGBTQ+ nelle attività ecclesiali.
Un dibattito che lo scorso 28 maggio è sfociato nella decisione da parte dei responsabili della chiesa in Costa d’Avorio, tra le più numerose con oltre 1,2 milioni di membri, di votare a favore della secessione dalla CMU.
La decisione è avvenuta in seguito all’abrogazione di un divieto di lunga data di assunzione di responsabilità nei confronti del clero LGBTQ+.
I delegati a un’assemblea avvenuta cinque anni dopo l’ultimo convegno per legiferare su temi teologici e di identità sessuale, avevano infatti votato a stragrande maggioranza per rimuovere una regola che vietava ai membri “omosessuali praticanti dichiarati” di essere ordinati o nominati ministri.
Fino ad ora, in realtà, ogni chiesa locale poteva decidere liberamente al riguardo, e mentre alcuni vescovi desideravano rimanere nell’unione, altri, tra cui appunto la Costa d’Avorio, hanno preferito separarsi dalla CMU.
Dopo il voto, il Consiglio dei vescovi della CMU ha dichiarato: “pur deplorando la decisione della Costa d’Avorio ci impegniamo a lavorare con essa per diventare una Chiesa metodista autonoma”. E ha aggiunto: “Anche se non concordiamo in tutto, la forza della nostra unione risiede nell’amore, nel rispetto, nella compassione e nella fede in Gesù Cristo”.
Da notare che anche nello Zimbabwe, centinaia di membri della CMU si erano riuniti la scorsa settimana ad Harare per protestare contro la decisione di accogliere i membri LGBTQ+.
Molti alzavano cartelli che dichiaravano che l’omosessualità è un peccato e un abominio. “L’Africa non è in vendita. No all’omosessualità”, si leggeva su uno di essi. “L’omosessualità è illegale nello Zimbabwe – hanno dichiarato alcuni, accusando la chiesa di essersi allineata con il movimento arcobaleno – e di minaccia le tradizioni africane e l’esistenza umana”.
Sono numerose di fatto le denominazioni cristiane nello Zimbabwe e in altri paesi africani, fortemente opposte all’accoglienza degli omosessuali nella rispettiva chiesa.
Chester Samba, direttore di un’organizzazione che rappresenta la comunità LGBTQ+ nello Zimbabwe, ha espresso poche speranze di vedere un cambiamento nella posizione conservatrice dello Zimbabwe e dell’Africa.
“Spero che vengano create piattaforme di dialogo per migliorare la comprensione e accogliere tutti i fedeli, indipendentemente dal loro orientamento sessuale”, ha affermato Samba, testimone delle molestie e della stigmatizzazione di molti membri LGBTQ+ della chiesa.
Accese proteste si sono registrate anche tra i metodisti della Liberia.