Si parla tanto di persone migranti morte in mare, quando si dà notizia delle migrazioni verso l’Europa. Si sanno i numeri degli sbarchi, le percentuali sugli arrivi, ma questa narrazione spesso omette quel che accade prima, nei paesi di transito come Niger, Egitto, Tunisia, Libia e altri stati africani. E nell’omissione si perde la responsabilità europea di quel che lì accade.
A puntare il dito è l’ultimo report pubblicato da OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni), UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati) e Mixed Migration Centre. Sono questi tre organismi a descrivere ciò che accade in queste realtà africane a chi cerca di varcare i confini, lo fanno denunciando gli orrori, le torture, le violenze, i rapimenti, le detenzioni, le espulsioni e, non di rado, le morti.
Nel report si sottolinea come spesso l’Unione Europea denunci le azioni dei trafficanti di esseri umani, senza però soffermarsi sulle proprie responsabilità, sul ruolo che la UE ha in tutto questo. Una responsabilità determinata da scelte ben precise come quelle delle politiche di esternalizzazione del controllo delle frontiere.
Controllo che si trasforma in abusi, violazione dei diritti e sfruttamento delle persone migranti che cercano di varcare i confini diventando merce di scambio.
Nel rapporto sono vari gli esempi che nascono all’interno del nuovo Patto sull’immigrazione e asilo, approvato dal Parlamento europeo prima delle elezioni di giugno. Uno fra tutti quello siglato con l’Egitto, un pacchetto da 7,4 miliardi di euro per impedire le partenze.
Poco importa se è paese da regime autoritario, se vi sono detenzioni e morti ingiuste (l’Italia ne sa qualcosa con Regeni e Zaki). L’obiettivo è fermare i flussi. Obiettivo che sta alla base degli accordi con la Tunisia e la Mauritania. Insomma report nuovo, per notizie inascoltate di cui avevamo scritto non molto tempo fa.