Quando si parla di persone migranti si finisce per parlare di arrivi via mare, condizionati dalla conta ministeriale che aggiorna il cruscotto degli sbarchi, così si finisce per conoscer meno quel che accade lungo la rotta balcanica, la cui computa dei transiti è spesso tenuta da associazioni che svolgono un ruolo indispensabile come quello di dar soccorso, informazioni.
Dopo lo sgombero del Silos di Trieste lo scorso 21 giugno, la situazione di chi transita dalla città e spesso si ferma a sostare, rifocillarsi, per poi ripartire è difficile. Togliere un tetto conosciuto, divenuto da tempo riparo, e non dare alternativa finisce per spostare una realtà, non risolverla né (come forse si sperava) eliminarla.
Per farla emergere in tutta la sua complessità, per denunciare attivamente quel che accade, provando in prima persona cosa significhi cercare di riposare per strada, a Trieste è nata l’iniziativa “Dormire è resistere”.
Un modo di protestare non urlato ma simbolico. Una solidarietà che si ripete ogni mercoledì in una piazza diversa, per creare domande in chi passa, attirare l’attenzione sulla condizione di chi è costretto a star per strada.
Persone e coperte, in transito e locali, sotto la pioggia o il sole, verso una stagione che va inevitabilmente verso il freddo. Tra le persone migranti, tante studentesse e studenti, liberi professionisti ma anche uomini e donne in pensione.
Tra loro c’è anche chi arriva da Udine, perché ad aderire è anche il centro Balducci di Zugliano, una realtà nota per le sue posizioni, grazie al suo fondatore, don Pierluigi Piazza.
Sono i Giusti di oggi. Come i pescatori di Lampedusa e le loro famiglie che per primi soccorsero le persone migranti, nella notte dell’oramai tristemente noto naufragio del 3 ottobre 2013, in cui persero la vita in 368 tra donne, uomini, bambine e bambine. Naufragio da cui non abbiamo imparato niente, ma che non dobbiamo dimenticare.
Per questo, anche questo 3 ottobre ci saranno vari momenti, il più importante quest’anno sarà l’inaugurazione del Giardino dei Giusti di Lampedusa, voluto dalla fondazione Gariwo, l’acronimo di Gardens of the Righteous Worldwide. Il termine Giusto arriva da un passo del Talmud, in cui si afferma “chi salva una vita salva il mondo intero”.
La prima volta venne utilizzato a Israele (che pensarci oggi…) con i Giusti tra le nazioni onorati nel Giardino di Yad Vashem, un luogo dedicato a tutte quelle persone che hanno contribuito a salvare gli ebrei durante la persecuzione nazista in Europa.
Ora a Lampedusa sarà declinato come “uno spazio di riflessione e memoria dedicato a chi, ovunque nel mondo, decide di soccorrere persone in difficoltà, anche a rischio della propria vita”.
Sorgerà su una terrazza che si affaccia sul Porto nuovo di Lampedusa, a sud dell’isola, accanto al museo Archeologico delle Pelagie. Le prime persone giuste a essere onorate nel Giardino saranno per l’appunto i pescatori e le loro famiglie “che da sempre si lanciano in mare per salvare centinaia di persone in difficoltà”. Sono loro a rappresentare “l’essenza della solidarietà senza confini” e “la vocazione di Lampedusa come terra di accoglienza”.
La prima intitolazione singola è invece per Alexander Langer, “che ha dedicato la sua vita a promuovere il dialogo interetnico, la pace e la giustizia”, combattendo “contro l’indifferenza e le violenze, ponendosi come un ponte tra culture, popoli e cause umanitarie, un modello di impegno morale e civile”.