Migranti: slitta l’apertura dei Centri di detenzione albanesi - Nigrizia
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Da maggio ad agosto a data da destinarsi: il Patto Italia-Albania stenta a decollare. Altro rinvio
Migranti: slitta l’apertura dei Centri di detenzione albanesi
01 Agosto 2024
Articolo di Redazione
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Prima il primo di maggio, poi il primo di agosto, poi ancora il 10, a oggi chissà. Per ora si parla di un generico “tra qualche settimana”. Di fatto però slitta ancora la partenza del Piano Italia-Albania.

Ufficialmente Alfredo Mantovano, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio in quota Meloni, aveva parlato di rallentamento dei lavori dovuto al caldo. Indiscrezioni invece indicavano la preoccupazione di una gestione dei migranti vicino alla gettonata località balneare di Schengjin.

Di certo è che il primo dei due siti, l’hotspot vicino al porto di Schengjin, per l’appunto, è pronto da mesi. Il secondo, quello che dovrebbe sorgere vicino all’ex base aeronautica di Gjader, vede ancora lavori in corso, in grave ritardo. Ed è lì che dovrebbero essere detenute le persone migranti in attesa di asilo.

Sono previste infatti 3 strutture con finalità differenziate: un centro con 880 posti per chi attende risposta, uno di 144 per chi è stato già destinato al rimpatrio (un CPR insomma) e un piccolo penitenziario di 20 posti.

A oggi i lavori continuano, la struttura non è pronta e quindi pare difficile datarne l’apertura. Così si slitta ancora. Nel frattempo però è arrivata una nota da parte di Amnesty International in cui si sottolinea l’illegalità del Patto, che esternalizza le frontiere senza garanzia dei diritti delle persone migranti che verranno traghettate in Albania.

Allungando ancora la loro permanenza in mare, quindi venendo meno al diritto allo sbarco in un porto vicino (cosa per altro che avviene sistematicamente in Italia, con l’assegnazione di porti lontani alle navi ong che presidiano il mar Mediterraneo); incarcerando, senza aver fatto alcun reato, in una terra altra persone che verranno sottoposte alla legislazione italiana.

«Questi Centri simboleggiano l’ultimo tentativo di uno stato dell’Unione Europea di eludere i propri obblighi ai sensi delle norme europee e del diritto internazionale, ‘esternalizzando’ o spostando al di fuori del proprio territorio la valutazione delle richieste di protezione», ha commentato Amnesty.

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