Alla terza udienza arriva il via libera da parte della Corte costituzionale albanese al protocollo Roma-Tirana. Respinto dunque il ricorso presentato dal partito democratico di Sali Berisha, che rappresenta l’opposizione di centrodestra del governo di Edi Rama.
I giudici albanesi, non all’unanimità (5 quelli a favore, 4 i contrari), hanno considerato corretto l’accordo intergovernativo: non ritenendolo un patto internazionale, non aveva bisogno, come richiesto dal ricorso, della firma del presidente della Repubblica Bajram Begaj. Secondo la Corte il protocollo Italia-Albania si inserisce all’interno del Trattato di amicizia e collaborazione firmato tra i due paesi ancora nel 1995.
Lettura che invece viene messa in discussione in Italia. Secondo ASGI infatti, il trattato riconosce «la necessità di controllare i flussi migratori anche attraverso lo sviluppo della cooperazione fra i competenti organi… e di concludere a tal fine un accordo organico che regoli anche l’accesso dei cittadini dei due paesi al mercato del lavoro stagionale, conformemente alla legislazione vigente», ma si rifaceva all’immigrazione albanese verso l’Italia.
Nel comunicato ufficiale diffuso ieri si legge che il protocollo «non stabilisce confini territoriali e neppure altera l’integrità territoriale della Repubblica d’Albania», di fatto prevede la costruzione di due centri che saranno sottoposti internamente alla giurisdizione italiana.
Tanto che le poche righe specificano: «Nelle due zone in cui agisce il protocollo, si applica il diritto albanese, oltre al diritto italiano», e per quanto riguarda le libertà e i diritti umani, «la giurisdizione italiana nelle due zone in questione non esclude la giurisdizione albanese».
A tale riguardo, secondo i giudici vale la dichiarazione dei due paesi firmatari di rispettare le convenzioni internazionali. Altro grande punto di domanda emerso più volte nelle audizioni in Italia. Essendo diversi i punti oscuri che riguardano le legittimità in materia di diritti.
Intanto il decreto di legge, approvato alla Camera, è in attesa del voto definitivo al Senato, per quel che riguarda l’Italia. Così come il Patto deve approdare in parlamento in Albania. In entrambi casi l’esito delle votazioni appare scontato. (J.C.)