È uscito un rapporto dell’UNHCR (l’Agenzia ONU per i rifugiati), OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e MMC (Mixe migration center) in cui si legge che tra il 2020 e il 2023 le morti di migranti e rifugiati nel deserto sahariano siano almeno il doppio rispetto a quelle che avvengono nel Mediterraneo. Si tratta di una stima al ribasso.
È necessario precisare che sono molte di più le persone che cercano di superare il deserto rispetto a chi s’imbarca per l’Europa dalle coste tunisine o libiche.
Ma al di là di questo dato, c’è la conferma che la rotta via terra dal Sahara è un cimitero per i migranti e i rifugiati, e la rotta più pericolosa e trafficata.
I pericoli maggiori
Un dato in aumento. Il report evidenzia i pericoli, molto meno documentati e pubblicizzati, affrontati dalle persone che affrontano questi viaggi.
Le cause della fuga sono note: la forte instabilità dei paesi di origine e di quelli ospitanti (come lo scoppio di nuovi conflitti nel Sahel e in Sudan); l’impatto devastante del cambiamento climatico e i disastri sulle nuove e prolungate emergenze nell’Africa orientale e nel Corno d’Africa. Ma anche i frequenti respingimenti e le deportazioni, finanziate anche con fondi europei.
Aree battute da criminali
Il rapporto denuncia come in alcune delle regioni del continente attraversate dai migranti operino gruppi di insorti, milizie e altri attori criminali, e dove sono all’ordine del giorno la tratta di esseri umani, i rapimenti a scopo di estorsione, il lavoro forzato e lo sfruttamento sessuale.
Ma autori di abusi sono anche le forze di sicurezza, polizia, esercito, ufficiali e guardie di frontiera. Una delle necessità di chi scappa, infatti, è evitare i controlli alle frontiere o ai posti di blocco.
14 persone morte di sete
A confermare la denuncia delle tre organizzazioni c’è un fatto di cronaca di soli pochi giorni fa: le autorità algerine hanno trovato i corpi di 12 siriani (4 erano curdi) e di due algerini nel deserto, vicino al confine con la Libia. Tra le 12 vittime anche ragazzi di 21, 18 e 16 anni e un bambino di 10.
L’associazione non governativa Relief Search and Rescue Association di Tamanrasset ha pubblicato un elenco di nomi e dati dei morti e i dettagli dell’incidente. Venerdì scorso (5 luglio) nella zona di Hassi-Belfour – che dista circa 70 chilometri da Burj Omar Idris, al confine con la Libia – è stato trovato un pick-up con accanto diversi cadaveri. Il 2 luglio scorso era stata segnalata la scomparsa dell’auto.
Gli esami forensi presso l’ospedale Burj Omar Idris hanno stabilito che è stata la sete la causa principale della morte.
Secondo l’ambasciata siriana in Algeria, il numero di siriani presenti nel viaggio era di 17 persone. Quindi non ne sono stati ritrovati 5.
Le fosse comuni
Ma nel deserto i corpi delle persone non si trovano solo in superficie. Il 9 luglio il responsabile delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha dichiarato che il suo ufficio sta dando seguito alle segnalazioni di una fossa comune nel deserto lungo il confine tra Libia e Tunisia, dopo che i corpi di almeno 65 migranti sono stati rinvenuti nello scorso marzo in un altro sito.
«Esorto le autorità – ha dichiarato Turk al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra – a rispondere rapidamente alle nostre richieste e a indagare a fondo su questi crimini.
Il responsabile diritti umani dell’ONU non ha fornito ulteriori dettagli sulla presunta identità delle vittime o su come sia stato trovato il sito.
La Libia e la Tunisia sono partner essenziali negli sforzi dell’Unione Europea volti ad arginare il flusso di migranti dal Nordafrica all’Europa meridionale.