Sul rapporto fra l’azione dei missionari/e in Africa e il Piano Mattei urge chiarezza. L’occasione per farla ce le dà la prossima, cosiddetta “Conferenza dei missionari italiani” che si svolgerà il prossimo 23 ottobre su impulso del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e nell’ambito della riunione ministeriale G7 sullo sviluppo.
L’incontro, si legge sul sito della Farnesina, «avrà come tema il contributo delle realtà missionarie allo sviluppo sostenibile delle popolazioni presso cui prestano la propria missione, sottolineando l’impatto delle loro opere attraverso la condivisione di storie di successo e buone prassi. L’evento incentrerà i propri lavori sul rafforzamento delle opportunità di istruzione e formazione in Africa sub-sahariana a favore dei giovani, anche in virtù dei collegamenti con il Piano Mattei e con il nesso migrazioni-sviluppo».
Iniziamo col dire che il nome di questa iniziativa è fuorviante: dapprima perché rischia di sovrapporsi alla “Conferenza degli istituti missionari italiani (CIMI)”, che è altra cosa e che non prenderà parte alla conferenza abruzzese. Più generale, il titolo di questo incontro lascia pensare che tutto il mondo missionario voglia parteciparvi e condivida la sua prospettiva positiva rispetto al Piano Mattei, quando così non è.
La questione centrale però va oltre i titoli e le parole. Punta dritto al cuore del Piano Mattei e al suo approccio nei confronti dell’Africa, che noi non ci sentiamo di condividere, vista la sua mancanza di prospettive e di ascolto verso le vere necessità del continente.
Saremo sempre pronti a discutere di sviluppo sostenibile in Africa e a fornire il nostro punto di vista, condividendo la nostra lunga esperienza sul campo. Preferiamo farlo però in altre sedi, meno vincolate ai promotori del piano e per questo più inclini a produrre riflessioni libere e costruttive.