Mozambico: le banche si sfilano dal gas, asset troppo rischioso
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L'ultima è la francese Credit Agricole, via da un progetto guidato da Eni ed Exxon e di cui era financial advisor
Mozambico: le banche si sfilano dal gas, asset troppo rischioso
Le pressioni della società civile danno i loro frutti. La decisione della banca francese potrebbe avere conseguenze serie
04 Aprile 2024
Articolo di Daniele Finamore - ReCommon
Tempo di lettura 4 minuti

La banca francese Crédit Agricole ha dichiarato che ritirerà il proprio sostegno finanziario a due progetti di gas naturale liquefatto (GNL): Papua LNG e Rovuma LNG. L’istituto ha motivato la decisione con l’intenzione di voler rinunciare a finanziare nuove iniziative di sviluppo di combustibili fossili.

Il primo progetto, in Papua Nuova Guinea, è un progetto di punta della multinazionale francese dell’oil&gas TotalEnergies e, oltre alla defezione di Crédit Agricole, ha visto sfilarsi anche “amici” di lunga data di Total come UniCredit, BNP Paribas e Société Générale. Il secondo, Rovuma LNG, guidato in Mozambico da Eni ed ExxonMobil, è valutato 30 miliardi di dollari e prevede la realizzazione di un impianto su terraferma per il processamento e l’export del gas proveniente da 24 pozzi sottomarini. Il progetto, la cui capacità complessiva sarebbe di 15 milioni di tonnellate di gas all’anno, è stato approvato dal governo mozambicano nel 2019, ma non è mai stato avviato a causa del conflitto.

Altre banche europee – UniCredit, BNP Paribas – grazie alle pressioni della società civile avevano confermato il mancato sostegno finanziario a Rovuma LNG. L’annuncio di Crédit Agricole assume tuttavia una rilevanza fondamentale poiché la banca francese era financial advisor del progetto e questa decisione potrebbe avere delle concrete ricadute sulla fattibilità di questa nuova mega infrastruttura del gas in Mozambico, paese martoriato dalla “maledizione delle risorse”.

Dal 2017, infatti, la crescente presenza di gruppi armati ha portato a un’escalation di violenza nella regione di Cabo Delgado, soprattutto nei distretti dove si trova la maggior parte delle attività estrattive. Dall’inizio della guerra civile sono state uccise più di 4mila persone, mentre sono circa 900mila gli sfollati secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite  per i rifugiati.

Questo ha portato TotalEnergies ad invocare lo stato di “forza maggiore” per il progetto Mozambique LNG e a maggio 2023 è uno stesso report di Total, affidato a Jean-Christophe Rufin, ex-ambasciatore francese in Senegal e tra i fondatori di Medici senza frontiere, ad affermare che il senso di frustrazione diffuso tra le comunità impattate dall’espansione dell’industria estrattiva sia uno dei fattori su cui possono far leva gli insorti. L’ex-ambasciatore osserva inoltre che i progetti estrattivi potrebbero diventare l’obiettivo di attacchi terroristici.

ENI, last man standing 

In questa complessa situazione, l’unico progetto realizzato e operativo è la piattaforma galleggiante di produzione e liquefazione Coral South FLNG di ENI, che esporta gas da novembre 2023. ENI potrebbe raddoppiare, visto che c’è un secondo progetto in fase di studio: la piattaforma Coral North FLNG. Si tratta di una piattaforma galleggiante di estrazione e liquefazione di gas (GNL), un duplicato del progetto Coral South FLNG, sempre di Eni.

Il terminal Coral North sarà ancorato a 10 chilometri dalla piattaforma Coral South, in acque ultra-profonde (2.600 metri) con una capacità di 4,5 miliardi m3 l’anno. Il progetto, con un costo previsto di 7 miliardi di dollari, è attualmente in fase di approvazione e si prevede che inizi la produzione a uso commerciale nel 2027.

Nel 2017 UBI Banca, oggi parte del gruppo bancario Intesa Sanpaolo, e UniCredit hanno partecipato al finanziamento di Coral South con 270 milioni di dollari. Tuttavia, la vigente policy interna di UniCredit su clima e ambiente prevede delle regole stringenti sull’estrazione oil&gas in acque profonde. Per tale ragione, così come questi impegni hanno portato la banca di Piazza Gae Aulenti a tirarsi fuori da Rovuma LNG, lo stesso dovrebbe applicarsi per il nuovo progetto di Eni Coral North.

Intesa Sanpaolo, la banca fossile 

Diverso è il caso di Intesa Sanpaolo, primo gruppo bancario italiano. Mentre le altre banche europee hanno comunicato delle decisioni di non finanziamento in linea con i propri impegni per il clima ed ambiente, la policy su questi temi della banca di Torino, aggiornata nella sua ultima versione nel 2021, è tra le più deboli in Europa, soprattutto nel settore dell’unconventional oil&gas che contempla l’utilizzo di impattanti tecniche di estrazione così come è nel caso sia di Rovuma LNG che di Coral North.

ReCommon, assieme ad altri gruppi della società civile italiana, europea e mozambicana, ha sollecitato la banca a tenere in considerazione i rischi finanziari e reputazionali derivanti dal coinvolgimento in nuove esplorazioni di petrolio e gas in Mozambico e di non partecipare al finanziamento di Rovuma LNG e Coral North FLNG. Sollecitazioni a cui la banca finora si è mostrata totalmente impermeabile.

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