Mozambico: esercito e Total a Cabo Delgado, un report shock fa luce sulle violenze
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Politico ha pubblicato un'inchiesta sull'uccisione di centinaia di civili commesse da militari mozambicani nel 2021 nei pressi degli impianti della società francese
Mozambico: esercito e Total a Cabo Delgado, un report shock fa luce sulle violenze
I soldati operavano nell'ambito di una task force con la multinazionale
27 Settembre 2024
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 7 minuti
L'immagine di copertina dell'inchiesta di Politico

Andavano e venivano anche dal compound gestito dalla Total (da cui però la multinazionale francese si era temporaneamente ritirata) i soldati mozambicani che hanno rapito, torturato e ucciso per settimane decine di civili nel nord del Mozambico, nel 2021.

Con tutta probabilità inoltre, i militari in questione facevano parte di una task force istituita da un accordo che il gigante degli idrocarburi ha siglato con il governo del Mozambico con l’obiettivo di proteggere i suoi impianti nella provincia di Cabo Delgado dove si sono svolti i fatti, da sette anni epicentro di un conflitto fra le forze armate locali e milizie di sospetta ispirazione jihadista.

La società francese inoltre, sapeva che i militari che stazionavano attorno ai suoi impianti commettevano abusi ai danni della popolazione.

Sono alcune delle rivelazioni che emergono da un report del giornalista britannico Alex Perry, pubblicato ieri (il giorno dopo la giornata nazionale delle forze armate in Mozambico) dal servizio europeo del quotidiano statunitense Politico.

Il lungo articolo ha già spinto parlamentari di diversi paesi europei ed europarlamentari a chiedere a Total di fare chiarezza mentre un gruppo di sei ong ha lanciato un appello affinchè venga immediatamente aperta un’indagine su quanto rivelato da Politico e ci si impegni a garantire riparazioni per i familiari delle vittime.

L’eco in Italia

L’eco dell’inchiesta di Perry è già arrivato anche in Italia. Il progetto di Total attorno a cui ruota il caso riportato da Politico è Mozambique LNG, un’iniziativa che prevede lo sviluppo di due giacimenti di gas naturale offshore e la costruzione di un impianto di liquefazione onshore nella penisola di Afungi.

Il progetto è guidato dalla società francese con il 26,5% delle quote ma vede anche la presenza della nostra Saipem. E soprattutto, riporta l’associazione ReCommon, dovrebbe essere oggetto di una garanzia dell’assicuratore pubblico Sace da 950 milioni di euro per coprire appunto i prestiti per le operazioni della società italiana. Fra questi 650 milioni di euro erogati da Cassa depositi e prestiti (CDP).

ReCommon ha contribuito indirettamente a rendere ancora più sconvolgente il report scritto da Perry. Grazie a una richiesta agli atti ottenuta proprio da CDP infatti, l’organizzazione italiana ha potuto consultare dei documenti interni di Total che dimostrano che il gigante francese disponesse di tutti gli elementi necessari per avere contezza delle violenze commesse dai militari mozambicani di base “dentro e fuori” i suoi stabilimenti.

Sebbene manchi il riferimento specifico ai fatti riferiti da Politico, si tratta comunque di un’importante considerazione che potrebbe essere utile anche in futuri procedimenti legali.

Il sostegno di Sace al progetto è anche oggetto di due interrogazioni parlamentari a cui per adesso nessuno ha dato risposta. «È arrivato il momento che l’agenzia (Sace, ndr) faccia chiarezza, e che si tiri fuori dal progetto nel caso non abbia ancora finalizzato l’emissione della garanzia», ha affermato il campaigner di ReCommon Simone Ogno commentando ciò che emerge dall’inchiesta di Politico.

I fatti

Tornando a quanto appunto denunciato nel report, i fatti in questione risalgono a giungo 2021. Sono passati circa tre mesi dall’inizio di un’offensiva dei miliziani su Palma, città situata nei pressi dello stabilimento di Total e dove risiedevano molti dei lavoratori edili impiegati presso le sue strutture.

Le incursioni di quei giorni hanno spinto la società francese a evacuare i suoi impianti e a interrompere le sue operazioni nella zona, dichiarando lo stato di forza maggiore. Condizione questa, che non è stata a tutt’oggi aggiornata nonostante diverse recenti dichiarazioni dell’amministratore delegato di Total, Patrick Pouyanné, facessero pensare a un imminente ripresa dei lavori.

Secondo Perry e l’Armed Conflict Location and Event Data Project (ACLED), negli attacchi contro Palma hanno perso la vita o sono state rapite non meno di 1.192 persone e fino a circa 1.500. Il giornalista britannico però si è imbattuto anche in un’altra strage, commessa stavolta dai militari mozambicani.

Appunto a giugno, alcuni sfollati si sono recati in una località indicata dal governo per chiedere riparo dalle violenze. Ad accoglierli invece, hanno trovato un commando dell’esercito mozambicano che li ha accusati di essere miliziani e che ha rinchiuso tutti gli uomini presenti – fra 180 e 250 persone – in dei container senza finestre situati appena fuori gli impianti di Total, impiegati di routine come “prigione” improvvisata.

Le donne del gruppo hanno subito in molti casi violenza, per poi essere rilasciate dopo due o tre giorni di detenzione. Gli uomini di cui dà conto il report sono stati invece torturati e uccisi per la stragrande maggioranza.

Quando le truppe rwandesi presenti a Cabo Delgado dal luglio 2021 sono arrivate nella zona, a settembre, hanno potuto liberare solo 26 sopravvissuti.

Perry si è recato più volte in Mozambico, dove ha potuto intervistare due sopravvissuti; in seguito gli è stato impedito di ottenere il visto. Nonostante questo, il giornalista ha proseguito a raccogliere testimonianze con colloqui online.

Alla fine il reporter è riuscito a parlare con 13 sopravvissuti al massacro: i loro resoconti dei fatti coincidono. Molti dei dettagli riportati da Politico sono stati confermati in forma indipendente anche dall’agenzia di stampa mozambicana Zitamar.

Il report sui diritti umani

Sollecitato da Perry, il direttore generale di Mozambique LNG Maxime Rabilloud ha affermato di «non essere a conoscenza dei presunti eventi descritti» né di disporre di «alcuna informazione che indichi che tali eventi abbiano avuto luogo».

Premesso questo, il dirigente di Total ha affermato di «prendere molto seriamente» quanto denunciato nel report, vista la «gravità dei fatti» di cui si sta parlando. 

Oltre a tutto quanto già scritto finora, è utile menzionare che la multinazionale transalpina era stata messa in guardia sui rischi di una collaborazione con l’esercito mozambicano anche da Jean-Christophe Rufin e Ingrid Glowack, autori di un report sulla situazione dei diritti umani a Cabo Delgado che la stessa Total gli aveva commissionato e che è stato pubblicato nel 2023.

Nel documento si evidenzia il pessimo record delle forze armate di Maputo in fatto di rispetto dei diritti umani e si suggerisce di «tagliare qualsiasi legame con l’esercito mozambicano». L’intesa con i militari locali infatti «coinvolge direttamente le responsabilità del consorzio» Mozambique LNG e può addirittura portare a considerarlo «parte in causa del conflitto» in corso a Cabo Delgado.

Storia di violenze, «nessuna sorpresa»

Armando Nhantumbo è un giornalista mozambicano della testata indipendente Savana e segue il conflitto a Cabo Delgado fin dal suo inizio nel 2017. Si è recato più volte nella provincia e ha visitato Palma anche 20 giorni dopo gli attacchi del 2021. A Nigrizia afferma che «le notizie terribili che emergono dal report di Politico non arrivano come una sorpresa».

Il giornalista spiega: «Per quanto Perry sia al momento l’unico ad aver documentato buona parte delle informazioni fornite dal report, mi posso basare su quanto osservato sul campo in questi anni. Abbiamo documentato numerosi casi di violazioni dei diritti umani da parte dell’esercito, che è del tutto incapace di contenere gli attacchi delle milizie che incolpa la popolazione locale di proteggere o collaborare con i ribelli».

Rispetto alle responsabilità di Total, Nhantumbo è più cauto. «All’epoca dei fatti descritti la società francese aveva abbandonato i suoi impianto, come ho potuto comprovare in prima persona. Per tanto – specifica – non è facile chiarire quali siano le sue responsabilità dirette nelle violenze».

Tuttavia, il dramma raccontato da Politico potrebbe portare ad un aumento significativo dell’attenzione sull’impegno di Total per i diritti umani a Cabo Delgado.

«I riflettori punteranno su Total, soprattutto all’estero – commenta il giornalista mozambicano – sempre più organizzazioni chiederanno alla multinazionale di dare conto di quanto sta facendo in Mozambico, e forse si potranno ottenere maggiori informazioni anche su altri punti oscuri di questo conflitto».

A meritare un monitoraggio vigile, per Nhantumbo, sono a esempio «le operazioni dell’esercito rwandese e gli stessi obiettivi di Kigali nella provincia. Circolano analisi che indicano che sia Total, o direttamente la Francia, a sostenere il loro intervento a Cabo Delgado, ma non c’è assolutamente chiarezza rispetto a questo punto».

Le violenze commesse ad Afungi rappresentano però un nuovo terribile capitolo di un conflitto la cui origine, per il giornalista, è da rintracciarsi «nell’oblio a cui è stata relegata Cabo Delgado dallo stato mozambicano. Nella provincia – continua – non ci sono servizi, le persone soffrono la fame. In molti ritengono che la guerra a cui si assistiamo da sette anni nasca da qui: elitè politiche locali e multinazionali si alleano per depredare la terra, mentre una popolazione dimenticata è sempre più povera».  

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