Mozambico: fra proteste e violenze, l'era Frelimo continua - Nigrizia
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Il candidato Daniel Chapo eletto con il 70% dei voti, ma per le opposizioni è una frode
Mozambico: fra proteste e violenze, l’era Frelimo continua
Mondlane, arrivato secondo ma primo in base a un conteggio parallelo, afferma di rischiare la vita e ripara in Sudafrica
25 Ottobre 2024
Articolo di Luca Bussotti
Tempo di lettura 5 minuti
Il vincotore delle elezioni Daniel Chapo. Foto di Ferhat Momad

Dopo due settimane dal voto del 9 ottobre scorso, il presidente della Commissione nazionale per le elezioni (CNE), il reverendo Carlos Matsinhe, ex-vescovo della Chiesa anglicana del Mozambico, ha finalmente letto i risultati delle elezioni presidenziali, parlamentari e provinciali.

Non c’è stata nessuna sorpresa rispetto a quanto già si sapeva da diversi giorni: per la CNE, il vincitore e nuovo presidente del Mozambico è Daniel Chapo, candidato del partito al potere, il Frelimo, con più del 70% dei consensi ottenuti grazie al voto del 43,48% degli aventi diritto.

Al secondo posto Venâncio Mondlane, fuoriuscito dalla Renamo pochi mesi prima del voto e sostenuto da Podemos, col 20,32%, mentre Ossufo Momade, candidato della Renamo, sino a oggi il maggior partito di opposizione, si è fermato al 5,81%. Al quarto posto Lutero Simango, del Movimento democratico del Mozambico (MDM), col 3,21%.

In parlamento, il Frelimo avrebbe ottenuto 195 deputati, mentre le opposizioni si sarebbero fermate a 55, col Podemos che entra per la prima volta in parlamento con 31 seggi, seguito dalla Renamo, con 20, e dall’MDM con 4. Niente da fare per gli altri partiti, compreso Nova Democracia, che aspirava a eleggere almeno qualche parlamentare.

CNE divisa su punti essenziali

Se l’annuncio ufficiale non ha fatto che confermare quanto già si era preventivato, il dibattito sulla regolarità delle elezioni aveva costretto la CNE a una riunione-fiume, senza però riuscire a trovare il consenso.

Tutti i rappresentanti delle opposizioni, infatti, hanno votato contro quanto deliberato dalla maggioranza, adducendo motivi sostanziali: si va dall’emarginazione dei rappresentanti dei partiti di opposizione dagli apparati tecnici della CNE per il conteggio dei voti alla sostituzione di voti reali con altri prefabbricati, sino a situazioni parossistiche, in cui il numero dei voti è stato maggiore rispetto al numero dei votanti, come nel caso del seggio estero di Harare (capitale dello Zimbabwe), dove hanno votato in 750, su un totale di 595 elettori iscritti.

Il conteggio parallelo, svolto in tempo reale e con dati disponibili online da parte di un centro informatico montato presso la capitale Maputo da Venâncio Mondlane e dai suoi collaboratori avrebbe dato risultati completamente opposti: Mondlane sarebbe il vincitore delle elezioni, con circa il 53% dei voti, mentre Chapo risulterebbe secondo, col 39%.

Mondlane “cacciato” e la paralisi di tutto il paese

Dopo l’efferato omicidio di due esponenti di punta del movimento che fa capo a Venâncio Mondlane, Elvino Dias e Paulo Guambe, il 19 ottobre scorso, la tensione politica si era ulteriormente surriscaldata.

Mondlane ha provato a mettere pressione alla CNE e al Frelimo, chiamando a uno sciopero generale tutti i mozambicani, in nome di una mancanza di trasparenza elettorale che anche organizzazioni internazionali di solito caute hanno sottolineato.

Uno sciopero che ha dato le risposte che Mondlane attendeva: paralisi totale delle principali città, dal nord al sud, con una Maputo spettrale, insolitamente deserta in un normale giorno di lavoro.

Proprio questo è lo scenario che più preoccupa i dirigenti del Frelimo: perdere giornate intere di lavoro in un paese che ha urgente bisogno di rimettersi in moto, al fine di superare una crisi economica acuta, che sta lasciando più del 60% dei cittadini in condizioni di povertà e di disperazione.

Nel frattempo, Venâncio Mondlane ha svelato un piano per essere assassinato, comunicatogli informalmente da agenti del SISE (il servizio di intelligence del Mozambico) suoi sostenitori, e avrebbe quindi lasciato in queste ore il paese per rifugiarsi in territorio sudafricano, proseguendo da lì la sua lotta.

Possibili scenari

Gli scenari che si aprono adesso puntano tutti verso una enorme incertezza. Certo, il Consiglio Costituzionale dovrà ancora convalidare i risultati annunciati dalla CNE, pronunciandosi sui ricorsi di tutti i partiti di opposizione; tuttavia, come già successo per le precedenti amministrative del 2023, è assai improbabile un ribaltamento di quanto emerso sino a ora, anche se correzioni puntuali sono comunque da mettere in conto.

Occorre quindi assumere che Chapo è il nuovo presidente del Mozambico: un Mozambico, tuttavia, che vivrà in continue convulsioni, scioperi, scontri fra polizia e cittadini, che potrebbero rendere il paese ingovernabile nei prossimi cinque anni.

Se questo è lo scenario che si sta verificando al momento, ve n’è un altro di cui, al momento, nessuno osa parlare, ma che sta là, sullo sfondo, improbabile, ma non impossibile.

E che dipenderà, in larga misura, dall’atteggiamento che Unione Europea e altri partner internazionali, come gli Stati Uniti, l’Unione Africana, il Commonwealth (di cui il Mozambico fa parte) assumeranno: riconoscere o no il risultato elettorale?

Da qui passerà la possibilità di un secondo scenario, ancora indefinito, ma che, genericamente, potrebbe portare a una transizione istituzionale, in vista di nuove, più regolari elezioni a stretto giro di posta.

Gli ostacoli rispetto a questo scenario sono notevoli, forse insormontabili, a partire dalle risorse economiche per organizzare nuove elezioni.

Tuttavia, un governo che la maggioranza della popolazione ritiene illegittimo difficilmente potrà reggere l’urto di contestazioni destinate a durare a lungo e a inasprirsi sempre di più, con la certezza di nuove instabilità.

La ripresa dell’attività terroristica a Cabo Delgado, che nelle scorse ore ha visto un nuovo attacco jihadista, che ha provocato la morte di tre persone, è un primo segnale di come il Mozambico potrà essere dilaniato da conflitti di varia natura, che potrebbero portare all’implosione dell’intero paese.

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