Lo scorso anno il presidente del Mozambico, Filipe Nyusi, aveva dichiarato che forze governative e loro alleati avevano costretto al ritiro i gruppi armati locali legati ad al-Shabaab (o Al-Sunna wa jama’a – Aswj) nella provincia settentrionale di Cabo Delgado, per cui molti degli sfollati avevano deciso di tornare alle proprie località.
In molti luoghi, tuttavia, l’Ufficio per la sicurezza delle Nazioni Unite ha dichiarato che continuano i combattimenti, mentre diverse aree sono ancora prive di autorità civili che garantiscano l’ordine e la sicurezza degli abitanti.
Negli ultimi quattro anni il conflitto ha provocato l’esodo di oltre 700mila persone. Nello stesso periodo si sono andati moltiplicando rapimenti e distruzioni di villaggi. Dall’inizio di marzo i terroristi hanno ucciso decine di persone nei villaggi di Mbuidi, Malamba e Nangomba, non lontano da Nangade, capoluogo distrettuale. Qualche settimana prima, inoltre, almeno altri otto villaggi erano stati attaccati e cinque di essi dati alle fiamme. Alcuni contadini avevano poi trovato numerosi cadaveri nelle loro fattorie.
La paura dei gruppi armati impedisce alla gente di lavorare i campi, sicché il protrarsi del conflitto, secondo l’ultimo rapporto della Fao, ha reso critica la situazione di insicurezza alimentare e penuria di cibo in tutta l’area di Cabo Delgado, oltreché in altre tre regioni del paese. Per di più, numerose denunce sono anche state avanzate in merito a maltrattamenti e abusi compiuti sulla gente da parte delle forze governative, inclusa la violazione della libertà di movimento degli sfollati.
Il distretto di Nangade, vicino al confine con la Tanzania e limitrofo ai distretti costieri di Palma e Mocinboa da Praia, dove proseguono le più intense operazioni militari da parte delle truppe mozambicane, affiancate da quelle rwandesi e sudafricane, è l’area in cui trovano rifugio gran parte dei mozambicani che fuggono dalla violenza.