Il governo del Mozambico ha propagandato come chiave per lo sviluppo del paese e dell’Africa meridionale la diga idroelettrica di Mphanda Nkuwa, da costruirsi sul fiume Zambesi.
La diga, da 1,5 Gigawatt (Gw), verrebbe edificata nel distretto di Marara, nella provincia di Tete, a circa 60 km a sud della mastodontica diga di Cahora Bassa.
La nuova diga, con un costo stimato tra i 4.5 e i 5 miliardi di dollari, offrirebbe, secondo Maputo, un contributo basilare per affrontare la povertà energetica e raggiungere l’obiettivo di accesso all’energia universale entro il 2030.
Gli effetti, tuttavia, secondo la denuncia dei gruppi ambientalisti, sarebbero devastanti per le comunità e gli ecosistemi locali. 1.400 famiglie, avvertono le ong, sarebbero infatti costrette ad abbandonare l’area e verrebbe compromessa la sussistenza di altre 200mila persone residenti a valle, lungo il percorso del fiume, fino al suo delta.
Gli abitanti, peraltro, hanno sostenuto che nessuno di loro è stato consultato in proposito, e che ne hanno sentito parlare solo da fonti non ufficiali. Molti esperti, tra l’altro, sostengono che le precipitazioni sempre più irregolari e la siccità che colpisce alcune zone hanno già un forte impatto sul territorio, per cui il progetto aggraverebbe ancor più la situazione.
Nonostante le proteste, tuttavia, sia la Banca mondiale, attraverso la sua controllata International Finance Corporation (Ifc), che la Banca africana per lo sviluppo (AfDB), sostengono il progetto e spingono perché si realizzi. Secondo loro, infatti, la diga potrà “accelerare la transizione verso l’energia pulita in modo da combattere il cambiamento climatico nell’Africa meridionale”.
In maggio dello scorso anno, le due banche hanno agito come consulenti per sviluppare la diga, al fine di renderla un’impresa “attraente per gli agenti di sviluppo, i finanziatori e investitori affidabili, per garantire un potere competitivo e meno costoso per il Mozambico e la regione”, come afferma AfDB in una nota.
Secondo varie fonti, tra l’altro, anche la Banca degli investimenti europei (Eib) e l’azienda italiana WeBuild Group (ex Salini Impregilo) hanno preso in considerazione la possibilità di partecipare all’operazione. La lista delle società che partecipano al bando di gara – la cui scadenza è stata prorogata al 18 aprile – non è stata resa nota.
L’impatto sociale e ambientale dei grandi progetti idroelettrici è stato molto spesso criticato per aver violato i diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali, e per aver aggravato il rischio di devastanti inondazioni o di carenza idrica per le popolazioni che vivono a valle delle dighe.
Il governo del Mozambico, dal canto suo, ha definito il progetto Mphanda Nkuwa come priorità nazionale nel piano generale dell’energia per il paese.
Come menzionato, la diga sarebbe costruita nella parte inferiore del bacino del fiume Zambezi. In base al piano governativo, il progetto finanziario dovrebbe completarsi nel 2024 mentre la diga sarebbe operativa a partire dal 2031.
Kevin Kariuki, vicepresidente di AfDB per il clima, la transizione energetica e la crescita verde, ha dichiarato: «Il progetto rafforza i nostri sforzi per combattere i cambiamenti climatici in una regione che è disperatamente a corto di energia ma che ha ugualmente bisogno di trasformazione e di una giusta transizione energetica».
Carlos Yum, amministratore delegato dell’ufficio del progetto per il ministero dell’energia del Mozambico, ha affermato che Mphanda Nkuwa favorirà l’industrializzazione del paese e fornirà «infrastrutture di trasmissione (dell’energia) affidabili».
Dichiarazioni che gli abitanti dell’area e gli ambientalisti non accettano: nel distretto di Marara, ad esempio, la comunità di Chirodzi-Nsanangue si trova nel cuore dell’area del progetto. La cooperativa Fisherfolk, minatori artigianali e agricoltori che “si affidano al fiume e alle sue sponde per vivere”, ha il massimo da perdere, afferma un rapporto inviato all’Ue e all’Eib dal gruppo ambientale Justiça Ambiental, che fa parte di Friends of the Earth International.
Lo stesso prezzo pagherebbero gli agricoltori delle comunità di Chacucoma e Nhahacamba che vivono coltivando mais in terreni di dimensioni ridotte, praticando la pesca e l’estrazione artigianale.
Il delta dello Zambezi, del resto è già sottoposto a una grave minaccia di siccità, peggiorata oggi dal cambiamento climatico. Secondo i ricercatori raggiungerà condizioni ancor più gravi dopo che il suo bacino verrà sbarrato da un’altra grande diga.
Lungo il suo corso, infatti, il fiume sta già producendo 5 Gw attraverso i due giganteschi sbarramenti di Kariba, tra Zambia e Zimbabwe, e Cahora Bassa, in Mozambico.
Man mano che l’impatto del cambiamento climatico si aggrava, c’è il rischio che lo Zambezi inferiore non sia in grado di fornire le condizioni necessarie per la produzione di altri 1,5 Gw con la nuova diga di Mphanda Nkuwa.
Nel frattempo, come dichiarato Miguel Uamasse, ricercatore della Eduardo Mondlane University a Maputo, che ha studiato per anni l’impatto del cambiamento climatico nel contesto del Mozambico, l’aumento della temperatura provocherà anche una evaporazione sempre maggiore dell’acqua.
Meno precipitazioni, unite all’aumento dell’evaporazione “comporterà un flusso fluviale inferiore e guadagni inferiori nella produzione di energia”, ha affermato Uamasse.
Se il progetto prenderà piede, gli abitanti delle comunità interessate temono che non gli rimarrà altro che lasciare le proprie abitazioni e terreni accettando un risarcimento. Una questione, questa, peraltro ancora da determinare.