Si è fermata in Namibia, la crisi degli ex movimenti di liberazione che stava attraversando l’Africa australe e che quest’anno ha fatto segnare svolte significative nelle vicine Botswana e Sudafrica. La Swapo of Namibia, il partito che governa il paese dall’indipendenza, ottenuta dal Sudafrica dell’apartheid nel 1990, si è infatti riconfermata alla guida del paese alle elezioni generali che si sono svolte la scorsa settimana.
Per la prima volta nella storia il paese avrà una presidente donna. A essere eletta è stata infatti l’attuale vice presidente Netumbo Nandi-Ndaitwah, che ha ottenuto il 57% dei voti stando al conteggio ufficiale. Si tratta di una prima assoluta anche per tutta l’Africa meridionale. Secondo candidato a ottenere più consensi è stato il carismatico Panduleni Itula, fuoriuscito dalla Swapo che nel 2020 ha fondato l’Independent Patriots for Change (IPC). Il leader dell’opposizione si è fermato al 25,5% dei voti, lamentando brogli e annunciando di voler contestare il voto in tribunale. Questa posizione è condivisa anche da altri partiti di opposizione.
Voto a rilento
Le accuse di irregolarità derivano anche dai numerosi problemi tecnici che si sono registrati durante le giornate del voto. Si usa il plurale nonostante le elezioni dovessero inizialmente tenersi solo nella giornata di mercoledì 27 novembre. Sono state però estese fino al 30 in alcune aree del paese a causa di una serie di problemi tecnici che avevano impedito a molti elettori di esprimere la loro preferenza. Preferenza che in tanti hanno voluto deporre nelle urne. L’affluenza è stata infatti del 74%, il 14% in più delle precedenti consultazioni del 2019, circa 1,1 milioni degli 1,4 milioni degli aventi diritto.
I cittadini namibiani avevano a disposizione un numero limitato di seggi e hanno dovuto sfidare il gran, consueto caldo. Nonostante questo gli elettori hanno affrontato file di molte ore reggendo le alte temperature, che in alcuni casi hanno invece causato il surriscaldamento dei dispositivi elettronici impiegati per registrare il voto.
Come si diceva, le elezioni namibiane hanno riconfermato la leadership della SWAPO ma hanno anche messo in luce una generale perdita di consenso, che per altro prosegue da anni. Non ancora l’addio alla maggioranza assoluta che lo scorso maggio ha colpito l’African National Congress (ANC) per la prima volta dalla fine della segregazione razziale, datata 1994. Il partito che ha guidato la lotta contro l’apartheid si è visto costretto a creare un governo di unità nazionale con le opposizioni.
Tantomeno la perdita di leadership per la prima volta dopo 58 anni che il mese scorso si è osservato nella vicina Botswana. A Gaborone il Botswana Democratic Party (BDP) che guidava il paese dall’indipendenza ha dovuto cedere il testimone (e lo ha fatto, immediatamente e in modo totalmente pacifico) all’alleanza di opposizione Umbrella for Democratic Change (UDC) e al suo leader Duma Boko.
La SWAPO ha fatto comunque registrare il peggior risultato di sempre alle legislative. La formazione ed ex movimento di liberazione ha ottenuto 51 seggi sui 96 dell’Assemblea nazionale: sono 12 in meno di quelli raggiunti nel 2019. Che a loro volta sono 14 in meno degli scranni che la SWAPO si è aggiudicata nel 2014. Il calo ha un riscontro anche alle presidenziali: l’ex presidente Hage Geingob, deceduto l’anno scorso quando era ancora in carica, aveva preso l’87% dei voti nel 2014. Alle elezioni scorse questa percentuale si era ridimensionata drasticamente al 56% per risalire appena di un punto quest’anno. Un ulteriore conferma di questa tendenza è arrivata poi dalle consultazioni locali del 2020, quando i consensi del partito di governo sono calati del 26% rispetto a cinque anni prima.
Le ragioni del calo
I temi che più hanno inciso nel calo di sostegno popolare che da anni interessa la SWAPO sono la disoccupazione, che è pari al 20% e che supera il 40% per gli abitanti con meno di 35 anni. Questo calcolato che l’età media nel paese è di 21 anni. Hanno contribuito poi l’alto tasso di disuguaglianza, il secondo più alto al mondo dopo il Sudafrica secondo l’indice di Gini. E infine la corruzione, la cui percezione è in aumento anche a seguito di un grande scandalo che negli ultimi anni ha riguardato il partito di governo.
La nuova presidente Nandi-Ndaitwah si presenta come una novità in quanto prima leader donna. Per il resto, la ormai ex vice capo di stato è parte del sistema SWAPO da quando era giovanissima. Nandi-Ndaitwah è una veterana della lotta di liberazione contro la segregazione razziale e per l’indipedenza dal Sudafrica e ha già ricoperto numerosi incarichi di governo. La presidente è stata per 12 anni, fino a oggi, la principale responsabile della diplomazia namibiana.
La Namibia, quasi tre volte l’estensione dell’Italia e meno di un 20esimo degli abitanti con circa 2,6 milioni di persone, è riuscita nei decenni a ridurre la povertà in modo significativo e fa registrare uno dei più alti Pil pro capite del continente. Nonostante il già descritto strapotere storico della SWAPO, il paese figura fra i paesi con i migliori standard di governance della regione. Nandi-Ndaitwah dovrà mantenere questi livelli e migliorare le numerose debolezze del sistema economico namibiano come quelle già descritte. Durante la campagna elettorale la SWAPO ha promesso di stanziare fino a cinque miliardi di dollari in cinque anni con l’obiettivo di creare oltre 250mila nuovi posti di lavoro. Non è chiaro da dove possano provenire le risorse necessarie e per questo le dichiarazioni del partito di governo hanno sollevato perplessità.
Il grande gioco dell’energia
La prossima presidente della Namibia si troverà inoltre a gestire una serie di ricche opportunità legate al settore dell’energia, con la possibilità di investire su un modello unico che integra combustibili fossili e rinnovabili. Da una parte la Namibia ha scoperto enormi giacimenti di petrolio nelle sue acque profonde. Riserve tali da poter fare del paese uno dei primi produttori africani di greggio e gas naturale nei prossimi anni. La società statale Namcor e multinazionali straniere come Total e Shell hanno già messo le mani su questo tesoro.
Contemporaneamente, la Namibia dispone di uno dei più importanti potenziali di produzione dell’idrogeno verde al mondo e il governo di Windhoek ha iniziato da diversi anni a investire in modo massiccio su questa fonte di energia, che sfrutta l’enorme disponibilità di sole e vento di cui dispone il paese. L’Unione europea ha già stipulato un accordo con la Namibia per lo sviluppo del comparto da un miliardo di euro.