Namibia: tornano dal Botswana i discendenti degli herero che fuggirono dal genocidio - Nigrizia
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Hanno varcato il confine i primi 50 nell'ambito di un programma di "giustizia riparativa" che dovrebbe durare fino al 2026
Namibia: tornano dal Botswana i discendenti degli herero che fuggirono dal genocidio
La memoria della tragedia è ancora motivo di tensioni con la Germania
26 Settembre 2024
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 5 minuti
Memoriale del genocidio a Windhoek. Fonte: Store Norke Leksikon

Circa 50 cittadini originari del Botswana di discendenza herero hanno varcato il confine fra il paese e la Namibia per tornare a stabilirsi nella terra dei loro avi, da cui fuggirono a inizio novecento per non cadere vittime del genocidio che le truppe coloniali tedesche stavano perpetuando all’epoca. Si tratta di quello che a oggi è ritenuto il primo genocidio del 20esimo secolo, come certificato anche da documenti delle Nazioni Unite. In circa quattro anni, fra il 1904 e il 1908, 65mila appartenenti alla comunità herero e 10mila esponenti della comunità nama vennero uccisi dai soldati agli ordini del generale Lothar von Trotha per distruggere definitivamente la resistenza anti-coloniale e con l’esplicito obiettivo di sottomettere completamente, oppure sterminare, le popolazioni locali. Il numero delle vittime rappresenta rispettivamente l’80% e il 65% del totale delle due comunità all’epoca dei fatti.

Le prime 50 persone che sono tornate in Namibia fanno parte di un più ampio gruppo di 98 che potranno stabilirsi nel paese nell’ambito di un programma di “giustizia riparativa” promosso dal governo di Whindoek. Gli altri 48 sono pastori e potranno varcare la frontiera solo una volta terminata la quarantena a cui sono stati sottoposti i loro capi di bestiame.
L’attraversamento del confine è stato celebrato con una cerimonia ufficiale, alla presenza di autorità dei due paesi e anche di anziani herero. Questi ultimi hanno acceso anche un fuoco sacro, simbolo della connessione fra i viventi e i non viventi e fra le generazioni ma anche dell’unione con gli herero che hanno dovuto lasciare la loro terra. E che ora appunto vi fanno ritorno.

Addii e benvenuti
Le persone che sono rientrate in Namibia hanno rinunciato alla cittadinanza del Botswana e ricevuto i documenti namibiani. Ad accoglierli, il ministro degli Interni di Windhoek, Albert Kawana. «Vorrei dire benvenuti a casa – ha esordito il dirigente del governo -. Siete arrivati nella terra dei vostri antenati. La Namibia è casa vostra. Ora siete cittadini della “terra dei coraggiosi”. Godetevi la vostra integrazione nella nostra società con i pieni diritti che sono accordati a ogni singolo cittadino namibiano». Idealmente alle loro spalle, anche l’addio – o meglio l’”arrivederci” – della ministra omologa del Botswana, Annah-Maria Mokgethi. «Come Botswana, siamo onorati di aver ospitato una comunità laboriosa e rispettosa della legge, composta da discendenti di namibiani che hanno contribuito immensamente allo sviluppo del paese», ha affermato la ministra, che poi ha lasciato porte aperte ai legami fra le persone arrivate in Namibia e i loro parenti rimasti nel paese in cui sono nati.

Secondo quanto riferito dal ministro namibiano dell’Acqua, agricoltura e riforma, Jennifer Paulus, il processo di rimpatrio dei discendenti herero proseguirà fino al 2026, anche se non è ancora stata stabilita una data per una seconda fase di ritorni verso la Namibia. Il governo ha acquistato intanto oltre 23mila ettari di terreni in tre regioni centro-orientali – Omaheke, Otjozondjupa, e Hardap – dal valore di circa 58 milioni di dollari namibiani, circa tre milioni di euro, per poter accogliere le persone provenienti dal Botswana. A queste aree sono da aggiungersi 21 ettari da destinare alla fase di prima accoglienza e poi ben 245mila ettari nella zona di Gam, sempre nella regione di Otjozondjupa, per i pascoli. Quest’ultima porzione di territorio è stata acquisita in collaborazione con l’autorità tradizionale della comunità Kambazembi, che ha lavorato insieme al governo durante tutto il processo di preparazione delle terre. 

La conferenza internazionale
Quanto avvenuto nei giorni scorsi non è il primo ingresso assoluto in Namibia di discendenti herero dal Botswana. Già nel 1993 due comunità erano state fatte rientrare nel paese. L’esperienza, a detta della stampa di Windhoek, ha avuto poi uno sviluppo positivo. L’iniziativa che si è tenuta nei giorni scorsi assume un rilievo particolare anche perchè si svolge a pochi giorni dal 120esimo anniversario dell’inizio del genocidio, che viene fatto comunemente risalire al 2 ottobre 1904. Quest’anno, la triste ricorrenza verrà affrontata con una prima Conferenza internazionale a Windhoek. Secondo quanto affermato dai promotori, l’evento sarà l’occasione per dar voce agli eredi delle vittime e per fare nuova consapevolezza storica sulla tragedia.

Tragedia appunto cominciata il 2 ottobre 1904, quando von Trotha emise un ordine di sterminio delle persone herero, che si stavano opponendo alla colonizzazione tedesca. L’anno dopo un avviso simile sarebbe stato pubblicato anche contro  i nama. In realtà, questi ultimi fanno risalire l’inizio del genocidio al 1893, anno di un primo massacro, da parte delle truppe tedesche, degli abitanti di un villaggio che aveva rifiutato la protezione del coloni. Questa retrodatazione dall’idea della durata della resistenza delle popolazioni locali contro i colonizzatori tedeschi, a cui la Namibia, insieme ad altri sei territori, venne di fatto consegnata con la Conferenza di Berlino del 1884-85. Durante il genocidio, l’esercito del Kaiser istituì campi di concentramento, indusse alla morte per fame nel deserto migliaia di persone e ricorse alla violenza sistematica contro le donne, fra i numerosi crimini commessi. 

L’intesa mancata con Berlino
La memoria del genocidio è uno dei tempi più significativi dell’attualità politica della Namibia. Nel 2021, dopo anni di negoziati, Berlino e Windhoek erano arrivati a una dichiarazione congiunta in cui la Germania chiede ufficialmente scusa per «quello che secondo la prospettiva odierna verrebbe definito un genocidio». Formula questa, ritenuta controversa da diversi storici e attivisti. In quell’occasione il paese europeo si era anche impegnato a stanziare 1,1 miliardi in aiuti allo sviluppo per le popolazioni discendenti da quelle colpite dal genocidio. L’intesa non è mai stata ratificata dalla Namibia e non è per tanto in vigore dopo che le autorità tradizionali nama e herero hanno denunciato il loro mancato coinvolgimento nel processo. 

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