La crisi in Niger terrà banco alla “conferenza degli ambasciatori” che si apre oggi a Parigi e che è chiamata a mettere a fuoco la politica estera del governo di Emmanuel Macron.
Venerdì pomeriggio i militari golpisti che governano il Niger dal 26 luglio hanno dato 48 ore all’ambasciatore francese Sylvain Itté per fare i bagagli e lasciare Niamey. Ultimo atto della sistematica presa di distanza della giunta da Parigi.
E per sostenere i golpisti e contestare l’ex potenza coloniale circa 20mila persone hanno manifestato sabato in uno stadio della capitale.
Manifestazioni in favore del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp), guidato dal generale Abdourahamane Tiani, si sono tenute, sempre a Niamey, anche nelle scorse settimane.
Parigi ha già risposto all’ultimatum affermato che la giunta militare non ha l’autorità per espellere l’ambasciatore e che le sole autorità legittime sono quelle elette, cioè il governo (disciolto) che fa capo al presidente Mohamed Bazoum, agli arresti domiciliari da oltre un mese.
Finora non hanno avuto esito i tentativi della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cedeao/Ecowas) di ristabilire l’ordine costituzionale in Niger.
Sono scattate sanzioni economiche, sono state socchiuse numerose porte diplomatiche ed è stata anche ventilata la possibilità di un intervento armato da parte dell’organizzazione regionale.
Il Cnsp ha nominato un governo di transizione e aperto un «dialogo nazionale» che dovrebbe condurre il paese al voto nell’arco di tre anni.
La giunta militare ha anche denunciato gli accordi militari tra Niamey e Parigi. La Francia schiera in Niger una forza militare di 1.500 uomini che fino al golpe aveva il compito di supportare l’esercito nigerino nel contrasto dei gruppi jihadisti piuttosto attivi nel paese saheliano.