Negli ultimi giorni si sono moltiplicati abboccamenti, interventi e visite per lo più inclini a trovare una soluzione diplomatica della crisi i Niger.
Il tutto mentre una soluzione militare è stata prefigurata il 10 agosto scorso dalla Comunità degli stati dell’Africa occidentale (Cedeao/Ecowas) che già aveva sospeso il Niger e comminato sanzioni economiche.
Le dichiarazioni di buona volontà finiranno per rimbalzare anche sul tavolo della riunione dei capi di stato maggiore della Cedeao, prevista per domani e dopodomani in Ghana. I militari hanno già il mandato, ma non ancora il via, di ristabilire l’ordine costituzionale in Niger e dovrebbero mettere a punto le modalità di un eventuale intervento.
Tuttavia non va ignorato che fin dall’inizio di questa vicenda i diversi attori hanno manifestato una chiara attitudine a tergiversare. Si temporeggia dal colpo di stato del 26 luglio, messo a segno dalla guardia presidenziale guidata dal generale Abdourahamane Tiani, che ha posto agli arresti il presidente Mohamed Bazoum, destituito il governo e nominato un esecutivo di transizione.
Corrente alternata
La giunta golpista nigerina ha fatto sapere che intende far processare il presidente Bazoum per «alto tradimento» e «attentato alla sicurezza del paese».
La stessa giunta, dopo aver incontrato sabato scorso a Niamey una delegazione di religiosi nigeriani, è arrivata a dire – per bocca del primo ministro voluto dai militari, l’economista Ali Mahaman Lamine Zeine – che è interessata a preservare una relazione «importante e storica» con la Nigeria e la Cedeao. Bola Tinubu, che ha sostenuto l’iniziativa dei religiosi, è presidente della Nigeria e presidente di turno della Cedeao.
Lunedì scorso, i golpisti hanno comunicato di aver richiamato «per consultazioni» l’ambasciatore nigerino ad Abidjan. Un atto collegato alle dichiarazioni del presidente della Costa d’Avorio, Alassane Outtara, che la settimana scorso si era schierato per un intervento militare in Niger e si era detto disponibile a fornire alla Cedeao un battaglione del suo esercito.
Buon vicinato
Il 15 agosto, il primo ministro Ali Mahaman Lamine Zeine ha incontrato a N’Djamena il presidente del Ciad, Mahamat Idriss Déby Itno. I due paesi condividono 1.200 km di frontiera, il Ciad (che non fa parte della Cedeao) mantiene solidi rapporti con Parigi e dispone di un esercito consistente: meglio assicurarsi rapporti di buon vicinato.
E sempre per saggiare il terreno, una delegazione della giunta, guidata dal generale Moussa Salaou Barmou si è recata domenica 13 in Guinea per «chiedere un sostegno per affrontare le sfide future».
La Guinea è governata dal settembre 2021 da una giunta militare ed è stata sospesa dalla Cedeao. Ma, a differenza di Mali (in mano a militari dal maggio 2020) e Burkina Faso (retta da golpisti dall’ottobre 2022) non ha dato piena solidarietà ai golpisti nigerini e non ha definito un possibile intervento della Cedeao «una dichiarazione di guerra» contro la Guinea.
I golpisti in Niger, Burkina Faso e Mali, oltre che far leva sul malcontento della gente e su un radicato sentimento antifrancese (Parigi è l’ex potenza coloniale), hanno cavalcato il diffuso senso di insicurezza determinato dai gruppi armati jihadisti che da anni imperversano nel Sahel.
E potrebbero essere proprio i jihadisti a trarre vantaggio da questa situazione.