Scade domani l’ultimatum posto domenica 30 luglio ai golpisti nigerini dalla Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cedeao/Ecowas).
La richiesta è di ripristinare l’ordine costituzionale e dunque di liberare il presidente Mohamed Bazoum, agli arresti dal 26 luglio. In caso contrario, la Cedeao si è detta pronta anche a un intervento militare.
L’organizzazione regionale ha tentato anche di aprire un dialogo con la giunta militare tanto che una delegazione, inviata da Bola Tinubu, presidente di turno della Cedeao e presidente della Nigeria, si è recata a Niamey nel tardo pomeriggio di ieri.
Non si hanno comunicazioni ufficiali sull’esito della missione. Ma il fatto che questa notte sia rientrata frettolosamente ad Abuja non induce all’ottimismo.
E ad Abuja sono riuniti da giorni i capi di stato maggiore della Cedeao che stanno mettendo a fuoco l’opzione militare.
Le agenzie di stampa dicono che la delegazione non è riuscita a incontrare né il capo della giunta, il generale Tiani, né il presidente Bazoum.
E che in aeroporto, prima dell’imbarco, alcuni membri della Cedeao hanno incontrato una delegazione della giunta militare.
Continua dunque il balletto “tratto-non tratto” del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria, come si sono chiamati i golpisti.
Un balletto che sembra essere frutto più di un agire concepito giorno dopo giorno che di una strategia.
Sempre nella giornata di ieri, i golpisti, con un comunicato affidato alla tv nazionale, hanno reso noto di aver rotto gli accordi di cooperazione militare con la Francia.
Parigi ha in Niger una forza militare di 1500 uomini che supporta l’esercito nigerino nella lotta ai gruppi armati jihadisti.
È stato deciso inoltre di chiudere la ambasciate del Niger in Francia, Nigeria, Togo e Stati Uniti.
Va infine segnalato un intervento del presidente Bazoum sul Washington Post. «Questo golpe non ha nessuna giustificazione e, se andrà in porto, avrà conseguenze devastanti sul Niger, il Sahel e il mondo intero».
Per Bazoum «il Sahel potrebbe passare sotto l’influenza della Russia attraverso i mercenari del gruppo Wagner».
E afferma di temere per il futuro del Niger «sotto una giunta autocratica, priva di una visione politica e senza alleati affidabili».