L’ha spuntata al primo turno. Un esito non scontato per Bola Tinubu, il candidato del partito al potere, l’Apc. Si è imposto sui suoi rivali nell’elezione più contesa dal ritorno alla democrazia della Nigeria, avvenuto nel 1999.
Tinubu ha ottenuto il 37% dei voti. Atiku Abubakar, del Pdp, il 27%; Peter Obi, del Lp, il 25%.
Già ieri sera, con lo spoglio dei voti ancora in corso, Pdp e Lp avevano denunciato frodi elettorali su larga scala a vantaggio dell’Apc. Da vedere quale posizione adotteranno, dopo la proclamazione ufficiale dei risultati di questa mattina, da parte della Commissione elettorale nazionale indipendente, l’Inec.
Gli stessi osservatori elettorali della Unione Europea presenti in Nigeria dovranno esprimersi a riguardo. Durante le operazioni di voto, avevano parlato di difficoltà logistiche. Ad ogni modo, è solo uno degli aspetti da seguire nelle prossime ore e giorni, per avere un quadro completo della situazione.
Mentre appare assai irrealistico che possa esserci un nuovo scrutinio, si rimane in attesa di dati chiave, come il tasso di affluenza alle urne. Gli elettori iscritti al registro elettorale erano 93 milioni. Di questi, 87 erano in possesso di carta elettorale. Quanti di loro siano andati effettivamente alle urne darà un’idea della legittimità della vittoria di Tinubu.
Legittimità di cui avrà ben bisogno. Non solo per far fronte alla grave crisi economica e securitaria in cui è precipitato il paese negli ultimi anni. Ma anche per far accettare il cambio di prassi politica che sta imponendo al paese. La vittoria di Tinubu rompe infatti due regole non scritte del gioco democratico nigeriano.
Due prassi rispettate finora al fine di conservare un delicato equilibrio geografico e religioso. La prima: il fatto che a un presidente musulmano del nord (come l’uscente Buhari) si alterni un cristiano del sud. Tinubu, invece, è anche lui di confessione islamica, anche se proviene dal sud della Nigeria.
La seconda: che il duo presidenziale sia composto da un cristiano e un musulmano. Ma Tinubu non si è fatto grandi scrupoli a scegliere come vice-presidente il musulmano Kashim Shettima.
La forzatura di queste consuetudini potrebbe acuire le tensioni nel sud del paese, a prevalenza cristiana.