Ci sono quattro elementi da riportare dell’inaugurazione della monumentale raffineria di petrolio avvenuta ieri, a Lekki, nella periferia di Lagos.
Primo: difficile sottovalutare l’importanza strategica di quest’impianto. La Nigeria è il re della produzione di greggio a livello continentale. Di tanto in tanto, perde il suo primato a favore dell’Angola, ma più per demeriti propri che per capacità altrui. Ciononostante, non ha mai avuto raffinerie capaci di soddisfare i suoi bisogni. Quelle esistenti, oltre ad essere di piccola taglia, sono fuori servizio da tre anni. Risultato: un paese produttore di greggio che deve importare benzina, diesel e tutti gli altri derivati dell’oro nero.
La nuova raffineria promette di porre fine al paradosso. È un progetto da 17.6 miliardi di dollari targato Aliko Dangote, il magnate nigeriano spesso incoronata da Forbes come uomo più ricco d’Africa. A pieno regime, sarà la più grande raffineria d’Africa, con una produzione prevista di 650mila barili di greggio raffinato. Quanto basta per il fabbisogno nazionale, con un leggero surplus per l’esportazione.
Secondo: l’impianto non entrerà in produzione prima di metà agosto. E lo farà con capacità ridotta. Non è noto quando arriverà a pieno regime.
Terzo: l’inaugurazione in pompa magna di ieri è la festa di pensionamento che il presidente uscente Muhammadu Buhari concede a se stesso. Tra gli invitati d’onore, spiccavano Capi di stato come il presidente del Senegal Macky Sall e il suo omologo nigerino, Mohamed Bazoum. È stato un modo per rivendicare la paternità politica dell’infrastruttura, a una settimana esatta dal passaggio di consegne ufficiali al suo successore, Bola Tinubu. Quest’ultimo assente ieri alla cerimonia. Forse proprio per non sottrarre le luci dei riflettori a Buhari.
Quarto: il modello di business della raffineria. Qui la questione si fa più complessa. Lo stato nigeriano ha acquistato il 20% di azioni. Si configura come primo e pressoché unico cliente della raffineria. Allo stesso tempo, molti analisti si chiedono quanto Dangote intenda resistere ai canti di sirena degli stati confinanti. Il fatto di avere in mano una risorsa strategica nazionale non gli consentirà di vendere liberamente al miglior offerente, come se fosse basato in un paese terzo. Ma le dinamiche di mercato saranno un fattore da tenere bene in conto.