In Uganda è stato presentato ieri al parlamento un disegno di legge che propone nuove, severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso, arrivando a criminalizzare l’identità sessuale e di genere (il solo fatto di non essere eterosessuale), in un paese in cui l’omosessualità è già illegale.
In base alla proposta, chiunque intraprenda attività tra persone dello stesso sesso o “protenda” verso l’omosessualità rischia fino a 10 anni di reclusione. La legge vieterebbe anche il finanziamento o la promozione di attività Lgbtq+.
Attività contro le quali, peraltro, il governo sta già combattendo anche con interventi come la sospensione, lo scorso agosto, della principale organizzazione di difesa dei diritti delle persone appartenenti a quelle categorie.
Il sentimento anti Lgbtq+ è profondamente radicato nella nazione dell’Africa orientale, altamente conservatrice e religiosa. Il disegno di legge arriva mentre teorie del complotto che accusano oscure forze internazionali di promuovere l’omosessualità stanno prendendo piede sui social media.
Nel 2014 i legislatori ugandesi avevano approvato una legge che prevedeva l’ergastolo per le persone colte a fare sesso gay, in seguito annullata dalla Corte costituzionale. Ieri Human Rights Watch (Hrw) ha affermato che la nuova legislazione è “una versione rivista e più eclatante” di quel disegno di legge. E che, se approvata, sarebbe la prima in Africa a criminalizzare la semplice identificazione di una persona come lesbica, gay, bisessuale, transgender o queen.
L’omofobia è in aumento anche nel vicino Kenya dove ieri, sulla scia di simili provvedimenti presi di recente in Tanzania, il ministro dell’istruzione Ezekiel Machogu, denunciando un’infiltrazione di una non meglio definita agenda Lgbtq+ nelle scuole, ha annunciato l’istituzione di un comitato, presieduto da un arcivescovo della Chiesa anglicana, per affrontare la questione delle identità sessuali.
Machogu ha suggerito che il suo ruolo potrebbe includere la revisione dei testi scolastici. Il governo, inoltre, istituirà delle cappellanie (presidi ecclesiastici) nelle scuole.
In Kenya il sesso gay rimane illegale con condanne che possono arrivare a 14 anni, ma un parlamentare, Peter Kaluma, sta spingendo un disegno di legge per aumentare la pena massima fino all’ergastolo. Gli atteggiamenti omofobici, sfociati a gennaio nell’uccisione dell’attivista Edwin Chiloba, si sono inaspriti dopo la sentenza emessa il 24 febbraio dalla Corte Suprema che ha confermato il diritto della comunità gay di registrare un’associazione.
La situazione non è migliore in Burundi dove è in atto un giro di vite sui diritti Lgbtq+ criticato nei giorni scorsi anche dall’Alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk.
Ieri 24 persone (17 uomini e 7 donne) sono state formalmente accusate di aver commesso atti omosessuali e di incitamento all’omosessualità. Erano state arrestate il 23 febbraio nella capitale Gitega, mentre partecipavano a un seminario organizzato da un ente di beneficenza a sostegno della lotta all’Hiv/Aids. Per incriminarli sono bastati dei preservativi che portavano con loro.
In 34 stati su 54 del continente chi non rispetta il canone eterosessuale è considerato un criminale, per lo più in base a leggi dell’era coloniale. Ed è quindi perseguitato, discriminato, umiliato, aggredito, arrestato, incarcerato e a volte ucciso.