Altro che transizione ecologica. I governi di Uganda e Tanzania puntano a sviluppare sempre più la loro collaborazione per lo sfruttamento di combustibili fossili e a diventare un hub di riferimento per questo tipo di energie – sempre più ricercate – in Africa orientale.
L’ultima mossa è la firma di un accordo tra i due paesi per la costruzione di un gasdotto che trasporterà gas naturale dalle regioni meridionali di Lindi e Mtwara, in Tanzania, all’Uganda, dove verrà utilizzato per alimentare fabbriche e generare elettricità.
Nel corso della cerimonia, il vice primo ministro tanzaniano Doto Biteko ha annunciato la scoperta di grandi quantità di gas naturale – circa 57,54 trilioni di piedi cubi (oltre 1,6 trilioni di metri cubi) – e che il governo sta continuando a esplorare nuove fonti in altre zone, tra cui il lago Tanganica e l’Oceano Indiano.
Attualmente, la lavorazione del gas tanzaniano ha raggiunto i 250 milioni di piedi cubi al giorno (circa 7 milioni di metri cubi), l’80% dei quali è utilizzato per la produzione di elettricità e il 20% per uso industriale, domestico e dei trasporti.
Nuove contestazioni al progetto EACOP
La firma dell’accordo sancisce la stretta collaborazione tra Uganda e Tanzania, già impegnati in altri grandi progetti di sfruttamento, primo tra tutti l’East African Crude Oil Pipeline (EACOP), oltre 1.400 chilometri di oleodotto riscaldato che dovrebbe portare il greggio estratto in un’area naturalistica a ridosso del lago Alberto, fino al porto tanzaniano di Tanga.
Un progetto, in mano per il 60% al colosso francese TotalEnergies, ampiamente contestato da ambientalisti, organizzazioni per i diritti umani e popolazioni locali per i gravi danni che ha già provocato e che provocherà in futuro agli ecosistemi terrestri e marini, e alle comunità che vivono nelle aree interessate dagli impianti.
L’ultimo di una lunga serie di dettagliati rapporti che denunciano gli abusi e le violazioni causate da EACOP arriva da New York ed è stato diffuso ieri dall’osservatorio sul clima GreenFaith che accusa Total Energies di violare anche la sacralità di centinaia di siti funerari “mancando costantemente di rispettare i costumi e le tradizioni locali relative al trattamento delle tombe” in entrambi e paesi.
Il riferimento è all’indagine compiuta da GreenFaith – in sei distretti in Uganda e in tre in Tanzania -, da cui emerge che più di 2.000 tombe saranno disturbate o non rispettate dalle attività di trivellazione e dall’oleodotto interrato.
Si stima che l’Uganda abbia riserve petrolifere recuperabili di almeno 1,4 miliardi di barili e le autorità si dicono intenzionate ad avviare ad ogni costo le operazioni di esportazione nel 2025.
La perforazione dei pozzi petroliferi – in totale ne sono previsti 400 – è già iniziata all’interno e nei dintorni del Parco nazionale delle cascate Murchison, dove il Nilo precipita per 40 metri attraverso un varco di appena 6 metri. La natura selvaggia circostante ospita, tra l’altro, popolazioni di ippopotami, garzette, giraffe e antilopi.