Olimpiadi: l’Africa sul podio a Parigi - Nigrizia
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Quaranta le medaglie conquistate da campioni di 13 paesi del continente
Olimpiadi: l’Africa sul podio a Parigi
In testa nel medagliere il Kenya, con 11 trofei, tutti nell’atletica. Ma oltre ai grandi campioni già consacrati alla storia, questa edizione dei Giochi ha anche visto brillare giovani, nuove promesse dello sport africano nelle specialità più disparate. Vediamo chi sono
12 Agosto 2024
Articolo di Antonella Sinopoli
Tempo di lettura 7 minuti
Precedendo gli statunitensi Kenny Bednarek e Noah Lyles nei 200 metri, Letsile Tebogo ha regalato al Botswana il suo primo oro olimpico. Suo anche il record africano (19:46)

Da Parigi l’Africa porta a casa 40 medaglie. Inclusa quella ad un’atleta che ha gareggiato nella squadra dei rifugiati. E, nonostante non tutte le competizioni si siano tramutate in vittoria – pensiamo per esempio alla meravigliosa squadra di basket del Sud Sudan e alle tantissime buone prestazioni – l’impegno, la gioia di esserci hanno garantito grandi emozioni e ottimi auspici per il futuro.

Medaglie da nord a sud, da est a ovest di questo continente. Eventi come le Olimpiadi aiutano a mostrarne i campioni, ma soprattutto a metterne in luce le potenzialità. Se solo più spazi, strutture, infrastrutture, investimenti venissero fatti sui giovani talenti. Per sviluppare così una generazione di atleti su più vaste discipline.

È nell’atletica che i campioni africani continuano ad eccellere. Il medagliere più fornito per questa XXXIII edizione è quello del Kenya. Undici in tutto. Sette sono andate ad atlete, le altre 4 ai colleghi maschi.

Quattro gli ori. Beatrice Chebet, ne ha guadagnati due, nei 5.000 e nei 10.000 metri. Anche Faith Kipyegon ha fatto esultare più di una volta i suoi connazionali, con l’oro nei 1.500 metri battendo il record mondiale con 14:57:56, e con l’argento nei 5.000 (che ha portato appunto sul podio due kenyane). L’altro oro è per Emmanuel Wanyonyi, che ha battuto il suo record personale.

Gli argenti sono stati due: dopo quello di Faith Kipyegon arriva la medaglia anche per Ronald Kwemoi e anche in questo caso nei 5.000 metri. Rimane però imbattuto il record mondiale nella categoria dell’ugandese Joshua Cheptegei a Monaco 2020. Ma di lui parleremo tra un po’.

Finiamo con i bronzi guadagnati dagli atleti kenyani a Paris 2024. Sono 5, andati a Benson Kipruto per la maratona uomini, ad Abraham Kibiwot nella disciplina 3.000 metri siepi, a Mary Moraa negli 800 metri, a Hellen Obiri nella maratona dove ha riportato il suo record personale e a Faith Cherotich, appena ventenne, nei 3.000 metri siepi.

Sei medaglie per il Sudafrica, di cui un oro alla nuotatrice Tatjana Smith nei 100 metri rana. Non è riuscita per poco a doppiare il record di Tokyo 2020, ma non ha turbato di un millimetro la felicità dell’atleta che poi si è portata a casa anche l’argento dei 200 rana, riuscendo a conservare il record olimpico anche rispetto alla vittoria della statunitense Kate Douglass.

Al Sudafrica vanno altri due argenti: nella staffetta 4×100 e a Jo-Ane van Dyk nel lancio del giavellotto. Infine, due bronzi, uno per la mountain bike a Alan Hatherly, l’altro alla squadra maschile del rugby a sette.

Gli atleti di tre squadre nordafricane sono stati premiati con tre medaglie. Cominciamo con l’Algeria e con la contestata pugile Imane Khelif. Non entreremo nel merito della campagna di odio e discredito nei confronti di questa atleta che ha sostenuto lo stress e gli attacchi con calma e pacatezza. Senza mai usare un gesto o una parola di troppo.

Ed è così che si è portata a casa l’oro nel pugilato, categoria 66kg. La sua gentile commozione sul podio è stato il finale di mach più bello.

Altra medaglia d’oro algerina alla diciassettenne Kaylia Nemour alle parallele asimmetriche. Ha tempo per continuare a brillare, quella che si è già rivelata una stella.

Infine, terzo posto per Djamel Sedjati negli 800 metri.

Un oro, un argento e un bronzo per l’Egitto. La medaglia più preziosa è andata a Ahmed Elgendy nel pentatlon moderno individuale; l’argento a Sara Ahmed, nel sollevamento pesi e il bronzo a Mohamed Elsayed, che si è dimostrato un vero talento nella spada individuale.

Sono tre anche i tunisini saliti sul podio. Due per taekwondo, con l’oro a Firas Katoussi e il bronzo a Mohamed Khalil Jendoubi, e l’argento a Fares Ferjani nella sciabola individuale.

Oro anche al Marocco con l’ottima prestazione di Soufiane El Bakkali nella gara 3.000 siepi. Suo il punteggio stagionale. Bronzo invece alla squadra di calcio che in finale ha battuto l’Egitto per 6 a 0.

Grande tifo anche per le atlete e atleti etiopi che hanno portato a casa quattro medaglie. Gioia per l’oro di Tamirat Tola nella maratona, che con 2:06:26 ha strappato il record olimpico finora detenuto dal kenyano Samuel Kamau Wanjiru (2:06:32). Rimane invece imbattuto il record mondiale detenuto da un altro kenyano, Kelvin Kiptum (2:00:35).

Argento per i 10.000 metri a Berihu Aregawi, solo dieci decimi di secondo dietro al vincitore ugandese. E ancora due argenti all’Etiopia, stavolta due donne: Tsige Duguma, negli 800 metri dove ha migliorato il suo record personale, e Tigst Assefa nella maratona.

Grandissimo entusiasmo ha suscitato l’oro di Letsile Tebogo nei 200 metri. Prima medaglia d’oro olimpica mai vinta dal Botswana. Una gara bella, anche emozionalmente, per questo giovane atleta di soli 21 anni che a maggio scorso ha perso la madre, che aveva solo 44 anni. Lo sguardo al cielo di Letsile dopo aver raggiunto il traguardo lo diceva: è dedicata a te questa vittoria. E poi un argento per questo paese, con i ragazzi del 4×400. Solo dieci decimi di secondo dietro gli USA.

L’Uganda ha guadagnato due medaglie. Come abbiamo anticipato, l’oro nel 10.000 metri per Joshua Cheptegei, che quest’anno aggiunge il record olimpico (26:43:14) a quello mondiale (26:11:00) che detiene dal 2020. Argento per la venticinquenne Peruth Chemutai, che con il suo risultato detiene ora il record nazionale nella sua categoria, i 3.000 siepi donne.

Infine, una medaglia di bronzo per tre paesi: all’ivoriano Cheick Sall Cisse nel taekwondo, al capoverdiano David de Pina nel pugilato, 51 kg, e allo zambiano Muzala Samukonga nei 400 metri.

E poi c’è quello “strano paese”, quello che comprende i rifugiati sparsi in tutto il mondo. Ha partecipato per la prima volta ai Giochi di Rio de Janeiro nel 2016. A volere la squadra olimpica dei rifugiati è stato Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Quest’anno in gara ce n’erano 36, la più numerosa dai tempi di Rio. Che se può essere un fatto positivo da un lato non lo è dall’altro. Questi atleti rappresentano quelle 120 milioni di persone costrette alla fuga nel mondo. Una medaglia a Paris 2024 è andata anche a questo “strano paese”.

Lei si chiama Cindy Winner Djankeu Ngamba e a queste olimpiadi ha vinto la medaglia di bronzo nel pugilato (75 kg). È originaria del Camerun, da quando aveva dieci anni risiede in Gran Bretagna, che non le ha ancora dato la cittadinanza. Del resto, anche se volesse, non potrebbe tornare in Camerun, visto che qualche anno fa ha fatto coming out e il suo paese d’origine punisce l’omosessualità.

Tanto che anche la figlia del presidente Paul Biya, Brenda, ha preferito esporsi e dichiararsi solo in quanto vive all’estero. Come ormai si sa i giochi olimpici sono spesso stati anche un palcoscenico politico – proteste, rivendicazioni, gesti di chi sa che, per qualche minuto, forse solo per qualche secondo, riuscirà a portare l’attenzione del mondo su qualcosa che non dovrebbe restare ignorato.

Il gesto di quest’anno è quello della pugile Marcelat Sakobi Matshu, Repubblica democratica del Congo. Non è riuscita a salire sul podio Marcelat, ma a fine gara, da quello spazio di lotta che è il ring, The Queen, nome con cui è chiamata dai fan, ha lanciato il suo messaggio. Forte, potente.

Una mano alla bocca per strozzare l’urlo del terrore, due dita alla tempia come una pistola pronta a sparare. Uno sguardo in cui c’è tutto il dolore, l’impotenza. Un attimo, un solo attimo, per tentare di attirare l’attenzione del mondo sul conflitto che da anni violenta il suo paese.

Soprattutto la regione del Kivu, dove operano circa 100 gruppi armati e il famigerato M23. Decine di migliaia di persone hanno perso la vita, milioni gli sfollati. E la paura di non sapere cos’altro succederà domani. Le Olimpiadi servono anche a questo.

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