Protecting Rights at Border (PRAB), il network di ong e associazioni che in otto paesi europei monitora le pratiche di respingimento lungo le frontiere interne ed esterne dell’Unione, ha pubblicato il suo sesto report, What we do in the shadows (Cosa facciamo nell’ombra), in cui denuncia una gestione sistematicamente violenta dei confini da parte delle autorità che li pattugliano.
Non casi isolati, ma quotidiani di respingimenti, abusi fisici e furti. Il report mette insieme una serie di dati raccolti alle frontiere tra gennaio e fine aprile di quest’anno, denunciando le procedure messe in atto dai vari governi europei per un totale di 10.691 casi individuali di persone respinte. Fra queste oltre 10mila, sono 1.611 quelle che hanno partecipato a interviste approfondite poi pubblicate da PRAB.
Numeri e testimonianze che sono “solo la punta dell’iceberg, poiché la maggior parte dei respingimenti non sono nemmeno documentati” si legge nel rapporto.
Le quotidiane e ripetute violazioni dei diritti umani, oramai note, fanno parte del “trattamento di benvenuto” che l’Europa riserva a coloro che vengono respinti senza poter neanche far domanda di protezione, anche quando appartengono a una nazionalità cui spetterebbe di diritto essere accolta. Ma nessuna nazionalità, sfogliando il rapporto, risulta essere risparmiata dai trattamenti inumani e vessazioni.
“La mancanza di accesso alle procedure di asilo è stata segnalata ai partner del PRAB nel 44% di tutti i casi di respingimento registrati al confine tra Croazia e Bosnia-Erzegovina, così come nell’88% dei casi registrati al confine tra Ungheria e Serbia e nell’85% al confine tra Italia e Francia” – si legge sul sito di Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, che fa parte del network PRAB.
“La percentuale di persone che hanno denunciato abusi fisici e/o aggressioni è altrettanto scioccante e ammonta al 62% al confine tra Ungheria e Serbia, e al 54% al confine tra Grecia e Turchia. Di tutti i respingimenti registrati, il 16% riguardava bambini, di cui il 9% viaggiava con la famiglia e il 7% era costituito da bambini non accompagnati o separati dalla famiglia”, prosegue il comunicato.
PRAB è presente in Bielorussia con Human Constanta; Bosnia-Erzegovina con Danish Refugee Council; Grecia con il Greek Council for Refugees; Italia con Asgi, Diaconia valdese e DRC Italia, sede italiana del Danish Refugee Council; Lituania con Diversity Development Group e Sienos Grupé; Macedonia settentrionale con l’Associazione dei giovani avvocati macedoni; Polonia con Stowarzyszenie Interwencji Prawnej; Serbia con il Centro umanitario per l’integrazione e la tolleranza e Belgio con il DRC Bruxelles.