«Uno schiaffo a Putin». «La Russia sempre più isolata». Giudizi diffusi nell’interpretazione del voto di ieri all’Assemblea generale dell’Onu sulla cacciata di Mosca dal Consiglio sui diritti umani.
Ma se si osserva quel voto dal continente africano, ci si accorgerebbe che la Russia non è affatto isolata. Anzi. L’Africa rappresenta un argine anti Occidente che vede oggi Mosca come il puntello principale.
È sufficiente leggere i numeri. Dei 24 voti contrari espressi ieri contro l’espulsione, 9 sono africani (Algeria, Burundi, Centrafrica, Congo, Eritrea, Etiopia, Gabon, Mali e Zimbabwe). Il 2 marzo scorso solo l’Eritrea si era espressa contro la risoluzione dell’Assemblea generale con cui l’Onu aveva condannato l’invasione dell’Ucraina.
E ieri, 25 si sono astenuti: Angola, Botswana, Capo Verde, Camerun, Egitto, eSwatini, Gambia, Ghana, Guinea Bissau, Kenya, Lesotho, Madagascar, Mozambico, Namibia, Niger, Nigeria, Senegal, Sudafrica, Sud Sudan, Sudan, Togo, Tunisia, Uganda, Tanzania, Zambia.
Più di un mese fa, furono 16 gli astenuti e 9 non hanno partecipato alla votazione con motivazioni diverse e differentemente pesanti dal punto di vista politico.
Significa che oggi 34 paesi africani (su 54) non hanno votato a favore della risoluzione proposta dagli Stati Uniti e che pone Putin appena sotto la voce Gheddafi, visto che l’ultimo paese escluso dal Consiglio che ha sede a Ginevra e che conta 47 membri è stata la Libia nel 2011.
Tuttavia Mosca diventa il primo membro permanente del Consiglio di sicurezza sospeso da un organismo Onu.
Il voto africano conferma quanto la Russia, negli ultimi anni, sia entrata in profondità nel cuore degli affari africani. Ma rappresenta in modo plastico, anche, quanto si sia formata un’alleanza anti occidentale che va dallo Zimbabwe all’Etiopia. Sempre più diffusi, infatti, quei circoli che vedono le vecchie potenze coloniali interferire negli affari interni degli stati africani.
Inoltre i riflessi economici della guerra e delle sanzioni alla Russia hanno conseguenze molto pesanti nelle economie di molti paesi, soprattutto quelli che dipendono da Mosca per il grano che hanno visto i prezzi dei beni alimentari impennarsi vertiginosamente.