Alla già abbondante produzione di testi etno-antropologici che lo hanno fatto conoscere ormai anche da molti amici di Nigrizia, Aime aggiunge un nuovo volumetto, scritto con il suo tipico linguaggio narrativo, accessibile anche ai non addetti ai lavori. Il libro si focalizza sulla popolazione dei taneka, piccola etnia che abita le pianure coltivabili che circondano le colline dell’Atakora, regione del nord del Benin. Ciò che caratterizza questa popolazione, nella narrazione di Aime, è la sua origine e lo sviluppo storico diversi da quelli di molti gruppi etnici dell’Africa.
Tra i taneka, infatti, l’etnicità non rappresenta – come si rileva in alcuni contesti – un sentimento innato, si è bensì formata come frutto di un processo culturale, secondo le testimonianze raccolte dall’autore nei suoi dialoghi con gli anziani. Come tra tutte le popolazioni e i gruppi etnici dell’Africa subsahariana, anche tra i taneka la dimensione sacrale e religiosa gioca un ruolo fondamentale, che permea sia il processo d’iniziazione che la struttura abitativa dei villaggi, quelli sparsi sulle colline e quelli che si trovano nella grande piana.
Una caratteristica particolare a tale riguardo è costituita dai borol, gli altari che si incontrano in ogni centro abitato, costruiti con forme e dimensioni diverse e definibili come sorta di antenne. Questi elementi servono a dialogare con il mondo extraumano, a cominciare da Tyensawa, l’unica divinità dei taneka, il cui nome significa “capo di tutte le cose”, (da tyen = tutto e sawa = capo). Sono strutture di varia fattura costruite secondo una precisa gerarchia: altari la cui funzione è rivolta o all’intero villaggio o, in altri casi, allo scopo di proteggere soltanto il quartiere in cui sono stati eretti.
Tutti comunque segni visibili del culto che accomuna i componenti del gruppo etnico e del rispetto verso i borotè, i sacerdoti tradizionali che rappresentano simbolicamente l’eredità vivente degli antenato fondatori. L’esperienza storica dei taneka, in effetti, rivela un complesso intreccio di mediazioni, resistenze e innovazioni che questo popolo ha realizzato nel processo di costruzione della propria società. Un lungo percorso iniziato nel XVIII secolo, con un’alleanza stretta tra famiglie di origine diversa, unitesi per difendersi dai razziatori di schiavi.
Questa esperienza non si è limitata alla resistenza ma è finita per produrre regole, tradizioni e usanze in grado di legare tra loro appartenenze diverse. Si può, pertanto, che «taneka non si nasce, lo si diventa». Un bel insegnamento da un piccolo popolo che ha saputo sradicare i legami “naturali” e inventare nuove relazioni fondate sulla convivenza come scelta.