È partita verso l’Albania, la nave della marina militare Libra. Entra così subito in azione un progetto che doveva cominciare ancora a maggio. Accelerata del patto per la deportazione delle persone migranti. Nella notte tra sabato e domenica erano stati oltre 300 gli sbarchi. Il giusto numero per riempire la nave già pronta. Primo screening veloce a bordo, vidimazione immediata dei prerequisiti scritti nero su bianco: provenienza da paesi sicuri, maschi, non vulnerabili.
Parte quel che il presidente di ASGI (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) Lorenzo Trucco ha definito “un esperimento destinato a naufragare”. Rimangono le troppe zone buie del diritto, in quel patto con l’Albania che prevede la detenzione extraterritoriale di chi arriva per mare per approdare sulle coste italiane e richiedere asilo.
A dar la notizia del via il ministro Matteo Piantedosi. È tutto pronto aveva detto ieri: la nave della marina militare da 300 posti, atta a diventare l’hub dove doveva avvenire la prima selezione tra chi può toccare terraferma italiana e chi invece deve esser portato in terra albanese, era stata individuata. Doveva stazionare a 20 miglia dalla costa lampedusana, pronta a prendere in carico le persone migranti soccorse dalla Guardia costiera e a dar vita a un primo sbarco selettivo che già in passato è stato oggetto giudiziario. Ha stazionato poco, è già partita.
Esclusi donne e bambini, persone malate e/o torturate in Libia, le restanti persone, provenienti da uno dei 22 paesi sicuri riconosciuti dal governo italiano, saranno traghettate verso l’Albania. E già qua iniziano i primi interrogativi: quante sono le persone che transitano per la Libia senza subire tortura? Secondo il report La fabbrica della tortura di Medu, Medici per i diritti umani, praticamente quasi nessuna.
Quali sono i paesi sicuri? L’ultima sentenza dello scorso 4 ottobre della Corte europea boccia la lista italiana, soprattutto rispetto a quelli che sono i paesi d’origine più frequenti dichiarati all’arrivo: Bangladesh e Tunisia, ma anche Egitto. Con la Tunisia da tempo il governo Meloni elogia l’accordo che permette i rimpatri diretti, ma questa sentenza è una pronuncia cui l’Italia dovrà attenersi.
D’altra parte, non è mistero che, nelle ultime settimane il tribunale di Palermo ha respinto il 90% delle richieste di trattenimento, considerate illegittime dai giudici. Così dopo Catania, si sommano le sentenze che dichiarano trattenimenti ed espulsioni fuori dal parametro dei diritti. A tutto questo si somma l’inchiesta pubblicata sul Domani, che denuncia come per la costruzione dei centri albanesi vi siano stati appalti senza gara, per oltre 60milioni a ditte sconosciute.