Il cosiddetto Piano Mattei voluto dal governo italiano è fonte di «preoccupazione» in Mozambico visto il focus sui combustibili fossili e i rischi per l’ambiente che ne derivano. Ma anche alla luce del fatto che è stato elaborato «senza coinvolgere la società civile». Ad affermarlo è l’attivista mozambicano Daniel Ribeiro, membro di Justiça Ambiental JA!, filiale locale della rete internazionale ambientalista Friends of the Earth.
Ribeiro parla da Roma, nel corso di una conferenza organizzata da Focsiv e dal movimento Laudato Sì e a cui ha partecipato anche l’associazione ReCommon.
L’attivista si trova nella capitale nelle stesse ore in cui il consiglio dei ministri approva il decreto che contiene la cornice del Piano Mattei, un’iniziativa che intende costruire un «nuovo partenariato tra Italia e stati del Continente africano, volto a promuovere uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza».
Meloni a capo della cabina di regia
I contenuti veri e propri non sono ancora noti. Dal testo approvato oggi si apprende che il Piano sarà quadriennale e coordinato da una cabina di regia che farà capo alla stessa presidente del consiglio Giorgia Meloni. La primo ministro si è recata in Mozambico proprio il mese scorso accompagnata dall’amministratore delegato di ENI Claudio Descalzi.
Ribeiro è in Italia insieme ad Antonio Muagerene, rappresentante della Conferenza episcopale del Mozambico, nell’ambito di una visita promossa dalla federazione di associazioni cattoliche Cidse che ha già portati i due esponenti della società civile mozambicana in Francia e nei Paesi Bassi.
Paesi questi, con l’Italia, che in Mozambico hanno interessi particolari e che con le loro multinazionali e i loro istituti finanziari operano nel settore estrattivo nel nord del paese.
È il caso di Total ed ENI appunto, capofila di progetti per la produzione e l’esportazione di gas naturale liquefatto nella provincia di Cabo Delgado, la più settentrionale del Mozambico. Da sei anni la regione è vessata da un conflitto con milizie armate che ha provocato la morte di circa 4mila persone e che vede anche il coinvolgimento delle forze armate rwandesi e di un contingente della Comunità degli stati dell’Africa australe (SADC), alleate dell’esercito di Maputo.
Il conflitto in Mozambico
«In Mozambico ci sono 800mila profughi interni, persone che hanno lasciato le loro terre, le loro case e hanno dovuto fare anche 700 chilometri per raggiungere un barlume di sicurezza. Per capire la gravità della situazione, nella provincia di Nampula si contano 67mila sfollati, sebbene l’unico centro di accoglienza possa accogliere solo 7mila persone», denuncia Muagerene, che a Nampula è anche responsabile dei progetti di Caritas.
«Siamo in Europa- prosegue il rappresentante della Conferenza episcopale- per porre l’attenzione sulla mancanza di mezzi per aiutare gli sfollati, soprattutto nei paesi che stanno investendo in Mozambico con le loro compagnie fossili. Purtroppo la crisi in corso nel nord del nostro Paese è totalmente sconosciuta al pubblico europeo».
Ribeiro mete a fuoco soprattutto il ruolo dell’Italia e dell’ENI. «Siamo molto preoccupati in merito al piano Mattei che vuole realizzare il governo italiano – afferma l’attivista -. Mattei era una figura importante dell’industria fossile e dal momento che il Mozambico è uno dei paesi più impattati dalla crisi climatica ed ENI e le altre compagnie fossili hanno già in passato creato problemi dal punto di vista ambientale c’è poco da essere ottimisti sulla possibile transizione di cui invece abbiamo urgentemente bisogno».
Rispondendo ai cronisti presenti all’incontro gli attivisti ampliano il ragionamento a tutta l’Africa ricordando che nel continente «non ci sono esempi virtuosi di paesi che hanno basato il loro sviluppo sui combustibili fossili».
Le clausole di Eni
Gli attori del comparto sembrano voler chiudere le porte a qualsiasi modifica nei rapporti di forza. L’esempio è ancora la relazione fra ENI e Mozambico.
«Basti pensare- ricordano i relatori dell’incontro a Roma- che nei contratti siglati dal governo con ENI si afferma che qualora fossero apportati cambiamenti alle normative che riguardano l’estrazione di gas e petrolio ci sarà l’obbligo di compensare la compagna italiana, qualora questa fosse penalizzata da quelle leggi. Quindi se il nostro esecutivo provasse introdurre dei correttivi alla crisi climatica, finiremmo per pagare un conto molto salato. Le multinazionali sono grandi amplificatori dei problemi che stiamo vivendo».
Nel corso della loro visita in Italia Ribeiro e Muagerene hanno incontrato anche parlamentari e rappresentanti della nostra diplomazia, esponenti della Comunità di SantiEgidio, del Vaticano e delle Caritas.