L’ultimo sbarco di una nave ong è stato ieri: la Ocean Viking di Sos Mediterranee ha attraccato a Bari, ha impiegato due giorni per raggiungere il porto assegnato dalle autorità italiane, percorrendo in mare 770 chilometri, vista la lunga distanza dal luogo di soccorso e le proibitive condizioni meteo.
E proprio questa prassi di assegnare porti lontani, portata avanti dal governo Meloni è oggetto della denuncia delle ong Sos Humanity, Mission Life-line e Sea Eye, che hanno deciso di portare in tribunale l’esecutivo, per chiarire le assegnazioni dei porti che loro considerano “contro le leggi internazionali”, che invece stabiliscono l’approdo nel porto sicuro più vicino e l’arrivo in condizioni di sicurezza.
Prima della Ocean Viking, la scorsa settimana, era toccato alla Humanity 1, cui era stato indicato come porto d’attracco Ravenna, a oltre 1.600 chilometri di distanza dal luogo in cui la nave aveva prestato soccorso. Da qui i cinque giorni di navigazione, con il mare agitato da forti venti orientali. E alla nave di Emergency, la Life Support, cui era stata assegnata Marina di Carrara come luogo di sbarco per le 55 persone che aveva a bordo.
«Assegnare un porto lontano non solo viola le convenzioni internazionali sul diritto del mare, ma è anche una crudeltà verso i naufraghi: persone che avevano il diritto di essere portate a terra il prima possibile, commenta il capomissione di Emergency Emanuele Nannini. «Abbiamo fatto richiesta di accesso agli atti, ma ci è stato negato per motivi di “sicurezza e difesa nazionale”. Adesso toccherà al Tar decidere quanto sia legittima non solo l’assegnazione di porti così lontani, ma anche la mancata risposta del ministero al riguardo».
Decisioni illogiche e illegittime secondo il diritto marittimo internazionale, ma giustificate tempo addietro dallo stesso ministro dell’interno Matteo Piantedosi che, durante un’informativa in senato sulla Ocean Viking, aveva affermato: «Le ong non possono scegliere in autonomia i porti e i paesi nei quali attraccare. Le navi continuano a rappresentare, per i migranti, un fattore di attrazione e la loro presenza è rilevante anche per le organizzazioni criminali». Affermazioni più volte smentite dai dati Ispi.
L’assegnazione di porti lontani è una strategia persecutoria, allunga non solo il tempo dei soccorsi, sottraendo alle navi la possibilità di tornare in mare a assistere altre probabili vittime di naufragi e aumentando i costi della navigazione, ma accresce in maniera irragionevole la sofferenza di chi è già sfiancato da un viaggio che ne ha messo in pericolo la vita per giorni.