È partita ieri l’ultima e decisiva parte della Campagna per salvaguardare la legge 185/90 che regola l’esportazione di armi italiane. Il 21 febbraio il Senato ha introdotto pesanti e decisive modifiche alle legge che verrebbe di fatto privata della sua funzione di controllo e di trasparenza nei confronti del commercio delle armi. La proposta di modifica è passata ora alla Camera dei deputati.
La Rete Italiana Pace e Disarmo (RIPD) in un comunicato del 4 marzo Basta favori ai mercanti di armi! rilancia l’allarme sullo svuotamento della Legge 185 e l’appello per migliorare anzi il controllo di export sulle armi. Denuncia inoltre il rifiuto da parte del governo, nel corso della discussione al Senato, delle considerazioni e delle proposte migliorative della RIPD entrate nel merito delle singole modifiche.
La RIPD rilancia dunque la mobilitazione, invitando a sottoscrivere, individualmente e come organizzazione, l’appello, a promuovere mozioni di difesa della legge 185 nel proprio Comune, a contattare i deputati della propria circoscrizione e a rilanciare la petizione mediante i social.
Contemporaneamente è partita ieri la mobilitazione del mondo associativo cattolico a favore della difesa della legge 185/90, che fa appello alla coscienza dei parlamentari contro il falso realismo della guerra. Nel corso di una conferenza stampa promossa dall’Azione cattolica, Acli, Comunità Papa Giovanni, il movimento dei Focolari, Pax Christi e Agesci, diversi interventi hanno sottolineato i rischi della politica in atto da parte del governo e il nel quale si muove.
Maurizio Simoncelli di Archivio Disarmo ha ricordato come la 185 sia stata frutto di una mobilitazione popolare e della società civile. L’export italiano di armi è in costante crescita negli ultimi trent’anni, tra il 1990-2005 l’export di aggira intorno a 1.5-2 miliardi di euro, nei 15 anni successivi l’export è aumentato da 4 a 5 volte.
Una disposizione della 185, che vieta l’export a paesi in guerra o dove i diritti fondamentali sono disattesi, lascia una porta aperta verso quei paesi con cui l’Italia ha firmato accordi di cooperazione militare. Da qui la moltiplicazione degli accordi per aggirare i divieti.
Simoncelli ha citato una ventina di paesi, tutti implicati in conflitti o con gravi violazioni dei diritti, dalla Turchia al Qatar, all’Arabia Saudita, al Pakistan, passando per paesi africani come Algeria, Ciad, Egitto, Kenya, Libia, Mali, Nigeria, Tunisia.
Il missionario comboniano Alex Zanotelli ha espresso indignazione per l’aumento delle spese militari a livello mondiale e italiano. Ha riproposto il problema delle Banche armate e il fatto che l’80% degli investimenti per le armi italiane passa attraverso tre banche: Unicredit, Intesa S. Paolo, e Deutsche Bank.
La modifica alla Legge 185 priverebbe, tra l’atro, l’informazione proprio sui finanziamenti bancari.
Zanotelli ha inoltre sollevato il tema del silenzio dei cattolici malgrado le denunce di papa Francesco, e lanciato l’idea di riprendere il metodo della disobbedienza civile. Gli ha fatto eco mons. Giovanni Ricchiuti, arcivescovo emerito e presidente di Pax Christi, che ha testimoniato dei suoi interventi in sede della Conferenza episcopale italiana (CEI) per sensibilizzare i vescovi e le diocesi a condotte coerenti in materia finanziaria.
Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ha sottolineato come non ci sia guerra senza la presenza delle organizzazioni mafiose e criminali e il commercio parallelo di armi.
Maria Elena Lacquaniti ha portato l’adesione della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI) e denunciato il modello culturale che si sta imponendo con i militari in funzione educativa nelle scuole e nelle università. Ha ricordato inoltre il contributo delle Chiese evangeliche alla riconversione della fabbrica RWM in Sardegna e alla promozione del progetto WarFree che ne è scaturito.