È nero su bianco, sulla Gazzetta ufficiale 198 del 24 agosto. È scritto sul decreto di luglio del ministero di Giustizia. Chi vorrà difendere le persone migranti detenute in Albania in attesa di un riconoscimento del proprio status riceverà un rimborso viaggio/vitto/alloggio di massimo 500 euro. Stesso importo per chi farà da interprete, mediando tra le due figure.
Sempre che vi sia necessità di essere presenti; la procedura prevista per le udienze è infatti il “collegamento da remoto” in “modalità audiovisiva”. Come questo diritto alla difesa, preferibilmente online, sarà garantito non è ancor dato sapere. Come il/la legale si interfaccerà alla persona assistita per instaurare un rapporto di fiducia rimane un mistero non ancora definito.
Di certo, nero su bianco, è che le procedure di identificazione, il diritto alla domanda di difesa, che sia di avvocatura d’ufficio o di fiducia (quest’ultima possibile non si sa bene in quale momento) dovrà avvenire entro 96 ore dallo sbarco in Albania. A far da Caronte tra difesa e persona migrante sarà un non precisato impiegato della pubblica amministrazione.
Lavoro impossibile
Tra i diversi punti oscuri di questo diritto alla difesa rimane come, chi dovrà difendere le persone migranti in Albania, potrà organizzare la propria agenda lavorativa quando, non possibile il collegamento online, occorrerà organizzare la presenza tre giorni dopo per una nuova data. Quando insomma ci sarà da mollare tutto, prenotare volo e albergo e transito da Tirana a Gjader, l’ex base militare, che dista 70 chilometri dalla capitale verso nord. Il tutto a proprie spese. Spese che si vanno a sommare ai 252 milioni di euro che il governo ha già stanziato per le trasferte dei funzionari ministeriali e del personale del dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap).