A Dakar, un video spopola sui social media: il cadavere di un uomo viene riesumato e buttato fuori da un cimitero perché omosessuale. Un fatto di cronaca che infiamma l’opinione pubblica – principalmente a sostegno degli autori dell’accaduto – e che dà l’occasione a Ndéné Gueye, professore di letteratura francese all’università, di interrogarsi su cosa rappresenti per lui e per il suo paese, il Senegal, l’omosessualità. Per la società in cui Ndéné è cresciuto, è inaccettabile ogni rapporto non eterosessuale. Il solo sospetto su una persona diventa un’onta impossibile da risciacquare e getta lo stigma sull’intera famiglia.
Ma le immagini di quell’aggressione brutale a un corpo senza vita, la violenza famelica con cui la folla vi si accanisce, aprono una piccola voragine dentro il protagonista, scoperchiando in lui una domanda inaspettata. Ne scaturisce un viaggio al centro degli antri più complessi e profondi della natura umana. Un cammino di decostruzione in primis di se stesso e delle propri confini. Ndéné è un personaggio ben costruito perché non è un mero critico delle storture della società: è direttamente coinvolto e immerso in quest’assetto sociale, ne sente su di sé tutte le spinte controverse.
Non esistono condannati e assolti, ma soltanto puri uomini. Fatti di carne, di pulsioni, di contraddizioni. La scrittura di Mohamed Mbougar Sarr è corporale, ogni pagina è un’immersione sensoriale, tattile, olfattiva, è l’agitarsi del minotauro in cerca di un’uscita dal labirinto della perdita che pervade la vita. Un tratto distintivo che aiuta Puri uomini a mantenere intatta la pluralità del reale. Nell’ampia gamma di personaggi che si affacciano alla narrazione, Sarr dà spazio alle più diverse voci: dall’imam più conservatore alla giovane attivista formatasi in Inghilterra.
Il percorso di Ndéné nella ricerca di senso che scandisce il libro non è privo di rinunce. Se all’inizio la visione del video lo turba, ma non lo indigna perché, si dice, era «solo un góor-jigée», ‘omosessuale’ in lingua wolof, lentamente questo pensiero inizia a tormentarlo fino a diventare un’ossessione, fino a fargli perdere il posto all’università, quando si rifiuta di rispettare la circolare che vieta l’insegnamento di poeti omossessuali, come Verlaine. Fino a farsi ripudiare dal padre perché va a pregare sui resti del ragazzo dissotterrato e perché passa giornate intere ad accompagnare la madre nel lutto, in silenzio.
È un racconto profondissimo sulle catene culturali, il dolore, la difficoltà di riconoscere e difendere la propria identità, il significato dell’essere umani in una cultura di carattere comunitario e non individualistico come quella occidentale.
E come spesso accade nella scrittura di Sarr, anche in questo romanzo sembrano esserci l’Africa e l’Europa che si guardano un po’ in cagnesco, senza capirsi. Due mondi che l’autore riesce abilmente a incorporare nella sua narrativa, in cui si districa sottolineando con ironia e tensione tragica i limiti di entrambi, senza tuttavia sminuirne nessuno.