Non solo sport. Il Qatar – che soprattutto negli ultimi mesi è stato strettamente collegato ai campionati del mondo di calcio – è in realtà da molto tempo divenuto una sorta di facilitatore delle azioni diplomatiche e della mediazione di conflitti sia nella regione orientale del continente africano, sia nei paesi del Nordafrica.
Già osservando il suo ultimo “intervento”, si comprende il ruolo e il credito che riveste negli ambienti diplomatici. È stato proprio il Qatar, infatti, l’artefice principale della liberazione di Paul Rusesabagina, rilevante figura dell’opposizione rwandese e noto per aver ispirato il film Hotel Rwanda sui terribili avvenimenti del genocidio del 1994. Rusesabagina era stato condannato a 25 anni di carcere con l’accusa di terrorismo, pena poi commutata – dopo aver scontato 938 giorni in cella – dal presidente Paul Kagame. Il ripensamento del capo di stato rwandese è stato dovuto proprio a un accordo mediato dal Qatar, tra il governo del Rwanda e degli Stati Uniti dove Rusesabagina è tornato a vivere. Ma questo, appunto, è solo uno degli eventi che evidenzia la rilevanza del paese della penisola araba in Africa.
Il Qatar era già stato coinvolto negli sforzi diplomatici in Africa orientale, inclusa la mediazione tra Etiopia ed Eritrea nel 2018 – anche se non sempre i rapporti con quest’ultima sono stati semplici –. Ha ospitato colloqui di pace tra il governo sudanese e i gruppi ribelli nel 2019. Ma ha anche contribuito a sedare la tensione tra Kenya e Somalia. E poi le mediazioni per gli accordi di pace in Darfur (risalente al 2011) e quelli in Ciad, lo scorso anno. Fu Doha, anche in questi casi, a ospitare gli incontri per la firma degli accordi conclusivi. E più di recente, il Qatar si è impegnato a organizzare un incontro tra Kagame e il presidente congolese Felix Tshisekedi per tentare un riavvicinamento tra le parti mentre le tensioni tra i due paesi rimangono ancora forti. I tentativi di ospitare colloqui di pace tra Rwanda e Rd Congo da parte di Doha sono finora falliti, ma i rappresentanti qatarini si dicono pronti a riprovare. Insomma, tutti sforzi diplomatici che, a quanto pare, hanno contribuito a rafforzare l’influenza politica del Qatar nella regione.
L’inizio dell’azione diplomatica
I rapporti tra l’emirato e alcuni governi africani hanno cominciato a stringersi soprattutto all’indomani della crisi del Golfo (2017) che ha visto Doha fare i conti con un embargo imposto da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto. Il forzato isolamento era stato deciso per punire Doha per la sua vicinanza al governo dell’Iran. L’accusa, inoltre, era di appoggiare gruppi terroristici, in particolare i Fratelli musulmani. Una tensione risolta nel 2021 con la Dicharazione di Al-Ula, ma nel frattempo Doha aveva creato canali ufficiali e convenienti in altre aree, soprattutto in Africa, appunto. Accordi bilaterali, mediazioni diplomatiche, investimenti. Non dimentichiamo il potere commerciale del Qatar, derivato dai suoi giacimenti di petrolio e gas e dal know how nelle attività di esplorazione e perforazione. Il paese ha condotto numerose esplorazioni di petrolio e gas nell’Africa orientale, con particolare attenzione al Mozambico. La scoperta di grandi riserve di gas naturale proprio in Mozambico ha reso il paese una destinazione importante per gli interessi energetici del Qatar. Diversi sono gli accordi che la Qatar Petroleum ha firmato con società mozambicane per sviluppare le riserve di gas naturale del paese. Ha inoltre investito in progetti di energia rinnovabile in Kenya, come lo sviluppo di un parco eolico nella contea di Marsabit.
Primo viaggio in Africa occidentale
E se geograficamente il Corno d’Africa rimane l’area di maggior interesse, non bisogna dimenticare che, proprio nel 2017, l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani intraprese il primo tour dell’Africa occidentale. Visitò, tra gli altri, paesi come Guinea, Costa d’Avorio e Ghana. Visite che, secondo gli analisti, avevano anche lo scopo di esprimere la propria gratitudine a quegli stati che, a seguito della crisi del Golfo, non avevano rotto le loro relazioni con il Qatar. Viaggi che portarono alla firma di diversi accordi di cooperazione. A sintetizzare l’importanza strategica rivestita oggi dal Qatar in Africa e viceversa è – tra gli altri – l’appuntamento che si terrà ad ottobre a Londra, Investing in Africa, dove il paese si presenterà con idee e promozioni di investimento nei più svariati settori: dall’energia all’agricoltura; dalla finanza ai servizi; dall’estrazione mineraria alle telecomunicazioni. In realtà la presenza di tutti i paesi del Golfo in Africa, e i relativi investimenti, sono andati notevolmente aumentando e in dieci anni (2012-2022) si contano 628 progetti per un valore pari a 101,9 miliardi di dollari. Per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri sono gli Emirati Arabi Uniti a guidare la classifica con 59,4 miliardi di dollari di investimenti. Il Qatar risulta il terzo investitore, con 7,2 miliardi di dollari. I paesi dove questi soldi sono stati investiti sono soprattutto quelli nordafricani, Egitto in testa.
Gli investimenti infrastrutturali
Il Qatar ha puntato sul trasporto aereo. Qatar Airways ha investito, infatti, 1,3 miliardi di dollari nel 2020 per acquisire il 49% di RwandAir e una partecipazione del 60% nel nuovo aeroporto internazionale di Bugesera vicino a Kigali, in Rwanda. Ma ha anche finanziato l’espansione del porto di Mombasa in Kenya e la costruzione di un nuovo porto in Tanzania. Inoltre, la Qatar Investment Authority ha investito 250 milioni di dollari nel Virunga Africa Fund I, fondo per sostenere settori cruciali dell’economia rwandese. Nel 2021, ha poi acquisito una partecipazione del 50% in progetti rinnovabili in Sudafrica e Zambia e ha effettuato un investimento di 200 milioni di dollari nella piattaforma Airtel Mobile Commerce. Investimenti che torneranno utili al Qatar. Il paese importa circa il 90% del proprio fabbisogno alimentare, percentuale che è destinata a salire almeno al 153% nel prossimo decennio, considerando la crescita della popolazione. È il motivo per cui questo stato, come altre nazioni del Golfo, ha investito nell’acquisizione di terreni in Africa, in particolare in Sudan e Kenya. Trend che potrebbe continuare.
Le criticità
Ma per tornare al soft power esercitato dal Qatar, va detto che non sempre le sfide diplomatiche sono state vincenti. La situazione più delicata e discussa riguarda la costruzione della grande diga, Grand Ethiopian Renaissance Dam (Gerd) sul Nilo Azzurro che vede tre paesi in contrapposizione: Etiopia, Sudan ed Egitto. Tensioni che vanno avanti dal 2011 e che vedono il Qatar accusato, in particolare dall’Egitto, di sostenere le aspirazioni dell’Etiopia contro gli interessi e le preoccupazioni del Cairo. Ma il focus dei piani delle autorità del Qatar resta quello di trasformare Doha in una piattaforma regionale per il dialogo e la risoluzione dei conflitti. Lo dimostrano non solo i recenti negoziati citati, ma anche quelli in discussione in alcuni paesi del Nordafrica. Dal Marocco all’Egitto, passando per l’Algeria e la Tunisia. Un impegno costante e mirato in quella che viene definita realpolitik. L’intervento più recente riguarda la Tunisia, dove il presidente Kais Saied sta affrontando una pesante crisi economica e sociale. L’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani , in un colloquio telefonico con il presidente tunisino pare abbia garantito l’avvio di accordi bilaterali e di sviluppo. Il Qatar, dopo la Francia, è il più importante investitore in Tunisia, in particolare nei settori immobiliare, infrastrutturale, turistico, finanziario, nei media e petrolchimico. Ma ha anche chiesto di aprire un dialogo tra il governo e le parti sociali. Anche se, va aggiunto, la recente ondata di arresti voluta dal governo non ha portato a una ferma condanna da parte di Doha.