Il cardiologo Dante Carraro è anche don Dante, dal 2008 direttore dell’ong Medici con l’Africa Cuamm. Due passioni, la medicina e il sacerdozio, che sono maturate consecutivamente. In queste pagine racconta di sé e del suo lavoro con l’Africa. La sua penna s’incrocia con quella dello scrittore Di Paolo. Ciascuno segue un proprio itinerario e l’uno integra le riflessioni dell’altro.
Mozambico 1995, il primo viaggio di don Dante in Africa: «L’Africa assomiglia un po’ a una ragazza con cui esci la prima volta per andare al cinema. A fine serata ti domandi se ti è simpatica, se sei riuscito. Capire chi sia davvero. E sei contento, ma parecchio confuso. Ecco con l’Africa è stato così: dal primo viaggio resti talmente stordito, con la sensazione di non aver capito niente o quasi, e nello steso tempo tanto affascinato, hai bisogno di una seconda volta. E naturalmente non basterà nemmeno quella».
Di Paolo: «Quando si parla di volontariato, di missioni umanitarie, di gesti di solidarietà il discorso pubblico oscilla fra ammirazione e sospetto. E nel caso degli aiuti ai paesi più fragili del continente africano, si oscilla fra lo slogan politico “aiutiamoli a casa loro”, e le considerazioni sul rischio di un rapporto di dipendenza non virtuoso tra chi dona e chi riceve. Una sorta di colonialismo del bene nei confronti di una civiltà che una prospettiva ottusamente occidentale finisce col giudicare comunque inferiore, non in grado di autodeterminarsi».