Si sta sempre più allungando la lista di truppe straniere impiegate – con il consenso del governo di Kinshasa – nel nordest della Repubblica democratica del Congo (Rd Congo).
Ora è arrivato il turno dell’Angola, paese che aveva tentato di avere un ruolo di mediazione con il gruppo armato M23 che agisce nel Nord Kivu, non lontano dal capoluogo provinciale Goma. Mediazione che sembrava aver raggiunto l’avvio di una tregua e di negoziati: ma martedì scorso, 7 marzo, la tregua è finita ancor prima di iniziare.
Ora Luanda ha fatto sapere che, dopo consultazioni con il governo di Félix Tshisekedi e dopo aver informato le Nazioni Unite, invierà un’unità militare nel Nord Kivu. Ha spiegato il presidente angolano João Lourenço che «l’obiettivo principale di militari è rendere sicure le zone in cui si trovano i miliziani M23 e sorvegliare il rispetto del cessate il fuoco». Cessate il fuoco che non è mai stato effettivo.
Non è stato reso non che tipo di forza militare verrà inviata né la tempistica dell’invio. In ogni caso il parlamento angolano deve approvare il dispiegamento di truppe deciso dal governo. Sull’approvazione non ci sono dubbi in quanto il Movimento popolare per la liberazione dell’Angola, al potere dal 1970, dispone di una larga maggioranza parlamentare.
In tempi recenti, il presidente Tshisekedi ha aperto le frontiere delle tre province del nordest (Ituri, Nord Kivu, Sud Kivu) a truppe della Comunità dell’Africa orientale (Eac) comprende Kenya, Tanzania, Uganda, Burundi, Rwanda, Sud Sudan e Repubblica democratica del Congo. Da notare che soprattutto Rwanda e Uganda non sono certo stati amici dell’Rd Congo e da decenni si accaparrano le risorse minerarie e forestali del nordest congolese.
Inoltre dal novembre del 2021 le forze armate congolesi compiono azioni congiunte con reparti dell’esercito ugandese nell’Ituri e nel Nord Kivu. Nel mirino soprattutto il gruppo armato di origine ugandese Forze democratiche alleate (Adf).
A tutta questa mobilitazione armata – cui vanno aggiunti 15.000 peacekeeper dell’Onu sul terreno da oltre 22 anni – non corrispondono risultati in termini di stabilità. Le milizie più strutturate e organizzate godono di buona salute e alcune di queste sono sostenute direttamente dal Rwanda, M23 in testa: lo dicono rapporti delle Nazioni Unite e di gruppi di studio internazionali.
Gli osservatori internazionali rilevano che, protraendosi questa situazione nel nordest, appare difficile il regolare svolgimento delle elezioni generali previste il 20 dicembre. E quindi si suppone che il presidente Tshisekedi possa puntare a un rinvio, sapendo che tentare di chiedere agli elettori un secondo mandato, senza aver dato risposte alla crisi del nordest, significa uscirne con le ossa rotte. (RZ)