Rd Congo, Kinshasa contro Apple: «Usa i minerali rubati dal Rwanda» - Nigrizia
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Per conto di Kishasa, uno studio legale ha chiesto a Cupertino di chiudere con questa pratica e di chiarire su una serie di punti
Rd Congo, Kinshasa contro Apple: «Usa i minerali rubati dal Rwanda»
Non è certo la prima accusa di questo tipo che coinvolge anche Kigali
26 Aprile 2024
Articolo di Redazione
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Apple, il colosso tecnologico statunitense, sta beneficiando del saccheggio di risorse naturali che il Rwanda e milizie sue alleate starebbe commettendo nell’est della Repubblica democratica del Congo. È quanto sostengono un gruppo di avvocati di base in Francia, incaricato da Kinshsasa di indagare sulle catene di approvvigionamento della multinazionale Usa.

In una lettera, i legali hanno formalmente chiesto all’azienda di Cupertino di smettere di impiegare minerali che si ritiene siano contrabbandati dal Congo, minacciando azioni legali in caso contrario. Parallelamente, il team di esperti ingaggiato dal governo congolese ha inviato una serie di domande di chiarimento agli uffici francesi dell’Apple, richiedendo risposte entro tre settimane. Lo studio legale, che si chiama Amsterdam & Partners, ha anche pubblicato un report di oltre 50 pagine in cui si forniscono le prove relative al «riciclaggio» di minerali condotto da Kigali e da altri enti privati. Gli elementi oggetto del report sono noti come 3T: tungsteno, tantalio (derivato del cobalto) e stagno (in inglese, tin), minerali largamente impiegati nella realizzazione di prodotti ad alta tecnologia e essenziali in un’ottica di passaggio verso l’elettrico e di transizione energetica.

Il testo redatto dagli avvocati si chiama «minerali insanguinati». La copertina del documento mostra una protesta contro le violenze nell’est del Rd Congo che giocatori della nazionale di calcio di Kinshasa avevano reso virale durante l’ultima Coppa Africa, a febbraio. Il report si apre con una citazione di uno dei calciatori coinvolti, Cédric Bakambu: «Tutti vedono i massacri nel Congo orientale. Ma tutti tacciono».

Le azioni intraprese da Amsterdam & Partners rientrano in una lunga serie di accuse che Kinshasa ha rivolto all’indirizzo di Kigali. In sinstesi, l’Rd Congo afferma che il governo rwandese è presente militarmente nell’est del Congo e che sostiene sia sul campo che finanziariamente l’M23, una milizia composta per lo più da persone di origine rwandese della comunità tutsi che da tre anni porta avanti un’offensiva nel Nord Kivu. Il gruppo armato è arrivato ormai a circondare il capoluogo Goma, città già occupata per alcune mesi nel 2012. Gli strali di Kinshasa sono sostenuti però da valutazioni simili pubblicate negli anni da governi occidentali ed esperti indipendenti delle Nazioni Unite.

Mela insanguinata 

È questo il contesto da cui parte anche il report che i legali ingaggiati da Kinshasa hanno prodotto a sostegno delle loro richieste ad Apple. Nel documento si fa notare che nell’ambito del conflitto citato il Rwanda è riuscito a contrabbandare e poi a commerciare «grandi quantità di tungsteno, tantalio, stagno e anche oro» proveniente dal Congo. A fornire le prove di questi crimini sarebbero direttamene i dati sulle esportazioni del paese. Pur non avendo grandi riserve del minerale in questione, partirebbe da Kigali il 15% del totale di tutta il commercio mondiale di tantalio. Gli Usa, a esempio, prenderebbero il 36% del loro fabbisogno di tantalio dal Rwanda e solo il 7% dal Rd Congo, che è però il paese che dispone delle maggiori riserve.

Una tendenza simile è già stata osservata anche nella produzione mondiale di coltan. Stando a dati dell’Agenzia Ecofin, rilanciati anche da Nigrizia, il Rwanda detiene riserve inferiore del Congo del minerale eppure nel 2023 ne ha esportato più del paese vicino, noto per essere il principale forziere di questo elemento cardine di tutto il comparto delle batterie elettriche: 2.070 le tonnellate vendute da Kigali l’anno scorso contro le 1.918 partite da Kinshasa nello stesso periodo. Che molto del coltan messo in commercio dal Rwanda possa venire dal Rd Congo e dalle zone disputate o controllate lo afferma anche un report di Enact, un’iniziativa finanziata dall’Unione Europea e nata della collaborazione fra Global Initiative, Interpol e l’Istitute for Security Studies (Iss).

Entrando nel merito di ciò che riguarda Apple, lo studio legale accusa la multinazionale di «usare una serie di fornitori che acquistano minerali dal Rwanda, un paese povero di minerali che ha depredato la Rd Congo e saccheggiato le sue risorse naturali per quasi tre decenni». Lungo tutta la filiera dei minerali il gigante di Cupertino, ultimo fatturato trimestrale 120 miliardi di dollari, «fa affidamento principalmente sulla vigilanza dei suoi fornitori e sul loro impegno a rispettare il codice di condotta di Apple». Lo studio legale prosegue: «Sebbene Apple abbia affermato di verificare l’origine dei minerali che utilizza per fabbricare i suoi prodotti, tali affermazioni non sembrano essere basate su prove concrete e verificabili. Gli occhi del mondo sono ben chiusi: la produzione del Rwanda dei principali minerali 3T è vicina allo zero, eppure le grandi aziende tecnologiche affermano che i loro minerali provengono dal Rwanda».

La risposta di Cupertino 

A garantire sulla trasparenza del processo condotto da Apple e da altre aziende, dovrebbe essere la certificazione presentata dai fornitori, la Tin Supply Chain Initiative (Itsci). Quest’ultimo sistema però, si sottolinea nel report, «ha dimostrato di avere grandi e grave carenze». Va oltre l’ong specializzata Global Witness, secondo cui, si legge in un rapporto di due anni fa, questo schema finisce per «facilitare il riciclaggio di minerali provenienti da miniere controllate da milizie abusive o che utilizzano il lavoro minorile» e addirittura per servire come mezzo «per riciclare enormi quantità di minerali che sono stati contrabbandati e trafficati».

Apple, dal canto suo, ha risposto rilanciando il contenuto di un report pubblicato l’anno scorso sul tema dei cosiddetti “conflict minerals”, minerali dei conflitti: «Sulla base dei nostri sforzi di due diligence… non abbiamo trovato alcuna base ragionevole per concludere che una qualsiasi delle fonderie o raffinerie di 3TG [stagno, tantalio, tungsteno e oro] che fosse presente nella nostra catena di fornitura al 31 dicembre 2023 direttamente o indirettamente abbia finanziato o avvantaggiato gruppi armati nella Rd Congo o in un paese confinante».

 

 

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