Dopo mesi di assedio, la mattina del 20 ottobre i miliziani dell’M23 avevano annunciato la conquista la cittadina di Kalembe, nel territorio di Walikale, nella regione del Nord Kivu, situata in una zona ricca di miniere d’oro nell’est della Repubblica democratica del Congo.
Poche ore fa, però, l’esercito e le milizie alleate Wazalendo hanno comunicato di essere riusciti a cacciare dal centro abitato i miliziani filo-rwandesi, ritiratisi sulle colline.
I combattimenti, in corso dal 2022, non si sono mai fermati, nonostante la firma di un accordo di cessate il fuoco mediato lo scorso agosto dall’Angola tra le forze armate congolesi e la milizia sostenuta dal Rwanda.
Secondo le Nazioni Unite, ad oggi l’escalation di violenza nella parte orientale della Rd Congo ha causato lo sfollamento di circa 7,3 milioni di persone. Con oltre 25,4 milioni di congolesi – un quarto della popolazione – che affrontano una gravissima insicurezza alimentare e necessitano di assistenza, specie nelle province orientali.
Tra le decine di gruppi armati presenti nella regione, insieme all’M23, ha conquistato sempre più terreno anche il gruppo terrorista islamista Allied Democratic Forces (ADF), noto anche come Madina at Tauheed Wau Mujahedeen (MTM).
Affiliate allo Stato islamico, che ha descritto la Rd Congo la “Provincia centrale dell’ISIS”, le ADF sono state definite nel 2021, vent’anni dopo l’inizio delle loro operazioni nel paese, organizzazione terroristica insieme all’ISIS.
Le ADF si accaniscono soprattutto contro i cristiani che rifiutano di abiurare alla propria fede, violentando, sequestrando e mutilando donne e bambini, e uccidendo centinaia di persone innocenti.
L’organizzazione internazionale per i diritti umani Open Doors, riferendosi soprattutto alle violenze e ai crimini delle ADF nella regione orientale, ha classificato la Rd Congo al 41° posto come paese più critico per i cristiani.
Lo European Centre for Law and Justice (ECLJ), dal canto suo, in un rapporto presentato alle Nazioni Unite, descrive un’impressionate scenario di violenze perpetrate negli ultimi dieci anni contro i cristiani da parte dei jihadisti.
Al di là della sempre scarsa attenzione dei media alle situazioni dell’Africa, si deve senza dubbio ribadire che affinché la comunità internazionale possa contribuire a portare aiuto, pace e sicurezza alla popolazione, deve prima riconoscere chi fomenta dall’esterno la conflittualità e chi sono gli autori che pongono in atto le interminabili atrocità.