Quando si affronta l’argomento dell’instabilità nelle regioni dell’est della Repubblica democratica del Congo, la confusione e il pressapochismo hanno spesso la meglio – anche sulle pagine di giornali e di siti web. Qual è la differenza tra il gruppo armato Mayi-Mayi Aochi e quello Mayi-Mayi Mulumba? Quali sono le aree d’influenza dell’M23 (Movimento del 23 marzo) e del Consiglio nazionale per il rinnovamento e la democrazia (Cnrd)?
L’uccisione dell’ambasciatore Luca Attanasio, lo scorso 22 febbraio, non lontano da Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu, ha catalizzato per qualche giorno una certa attenzione dell’opinione pubblica internazionale su questi territori dell’Africa centrale. Ma ha ne ha accentuato il disorientamento.
A fornire una bussola ci ha pensato il Barometro securitario del Kivu che – disponendo di una rete di ricercatori sul terreno e di analisti delle aree di conflitto – ha costruito una cartografia dei gruppi armati e delle azioni che compiono nelle province dell’Ituri, Nord Kivu, Sud Kivu e Tanganyika: The Landscape of Armed Groups in Eastern Congo. Si tratta di un lavoro, pubblicato lo scorso febbraio, frutto della collaborazione tra il Gruppo di studio sul Congo (con sede all’Università di New York) e l’organizzazione non governativa Human Rights Watch.
Lo studio ci dice che i gruppi armati sono 122 e fa subito una precisazione: «Come per l’analisi di molti altri fenomeni illegali, elaborare una carta dei gruppi armati non governativi è una sfida delicata che implica inevitabilmente delle imprecisioni. Nuovi gruppi armati si costituiscono ogni mese e la loro diffusione evolve costantemente». Ma intanto fornisce per ciascun gruppo una carta di identità (quando si è costituito, chi lo comanda, dove opera, quali alleanze) e mostra le zone di influenza.
E qui arriva una seconda precisazione: la ricerca distingue tra banditismo e gruppi armati. E si occupa solo di gruppi armati che hanno queste caratteristiche: «a) hanno una struttura organizzativa e una identità; b) cercano di esercitare una forma di controllo su una zona geografica specifica: c) fanno riferimento a una qualche ideologia, che sia autentica o pretesa; d) fanno un uso regolare della violenza o la utilizzano come tecnica di gestione del potere».
4 su tutti
Chiariti i criteri della ricerca, già le prime righe forniscono orientamento. «Nonostante la frammentazione, a dominare il conflitto sono quattro gruppi armati e l’esercito congolese (Fardc): insieme sono responsabili di un terzo di tutti gli scontri e della metà dei civili uccisi». Dunque l’esercito, che dovrebbe essere sul terreno per contrastare i gruppi armati, porta una parte di responsabilità nell’uccisione di quei civili che dovrebbe proteggere…
Quanto ai gruppi armati più strutturati, ecco come sono descritti (ci limitiamo a un cenno). Forze democratiche alleate (Adf): «All’origine era un movimento di opposizione al governo ugandese; poi si è trasformato in un movimento islamista con base nell’Rd Congo, in seguito alla fusione con la National Army for the Liberation of Uganda. Da 15 anni si è stabilito principalmente nei monti Rwenzori e nella valle della Semuliki, nel territorio di Beni (Nord Kivu)».
Forze democratiche per la liberazione del Rwanda (Fdlr): «La creazione risale all’anno 2000, dalla fusione di truppe dell’ex esercito rwandese sconfitto nel 1994 (anno del genocidio) e di numerose milizie. Si sono dati questo nome per mettere un po’ in disparte i loro legami con il genocidio nel quale erano stati implicati alcuni dirigenti».
Alleanza dei patrioti per un Congo libero e sovrano (Apcls): «Costituito nel 2010, si è imposto come uno dei principali gruppi Mayi Mayi. Pretende di difendere gli interessi della gente hunde e sotto il comando di Janvier Karairi ha le proprie basi nel territorio di Masisi (Nord Kivu)».
Nduma Defense of Congo-Rènové (Ndc-R): «Anche se i suoi obiettivi dichiarati includono maggior sviluppo e migliori condizioni di lavoro per i minatori artigianali dell’area di Walikale (Nord Kivu), il gruppo si è distinto per le sue gravi violazioni dei diritti umani. Si è “rinnovato” nel 2015».
Modalità diversificate
Oltre a offrire un’ampia gamma di informazioni, gli autori del rapporto suggeriscono di non considerare i gruppi armati come una realtà monolitica e statica. «Presentano una grande diversità di interessi e di obiettivi. Se la maggior parte dei gruppi armati reclutano ancora secondo criteri etnici e non hanno quasi l’ambizione di estendere la loro influenza al di fuori delle loro principali zone di interesse, tuttavia esprimono tutti delle motivazioni che vanno dalla sopravvivenza economica al perseguimento della dignità e del rispetto, passando dall’autodifesa e dall’antagonismo etnico.
Alcuni gruppi armati ritengono importante comunicare sulle rete sociali, mentre altri eccellono nel nascondersi e nel far perdere le tracce. Ciò mette in evidenza la flessibilità operativa e politica degli attori del conflitto, ma sottolinea anche quanto sia difficile affrontare questa sfida per il governo di Tshisekedi, i suoi partner internazionali e la società civile».