Il pallone, in Repubblica democratica del Congo, ha smesso di rotolare alla vigilia di Natale. All’inizio doveva essere una pausa temporanea, pensata per permettere alla nazionale locale di prepararsi al meglio in vista del Campionato delle Nazioni Africane in programma a gennaio in Algeria, ma ad oggi il torneo domestico è ancora fermo.
Alla base ci sono problemi di natura organizzativa e logistica, come spiegato da Lambert Osango – il presidente dei Rangers – al quotidiano francese Le Monde. «Il territorio congolese è enorme e i viaggi lunghi e costosi», ha dichiarato.
Non una novità per la realtà congolese. In un paese gigantesco con una superficie di 2.345.409 chilometri quadrati e una rete viaria molto fatiscente, che impone trasferte lunghe e spesso economicamente proibitive, le difficoltà logistiche sono all’ordine del giorno.
Le squadre, ad eccezione delle più ricche TP Mazembe e AS Vita, rischiano spesso di non arrivare a fine campionato. Quelle meno facoltose, invece, non possiedono nemmeno le risorse per pagare i propri giocatori, che vengono retribuiti attraverso premi partita che possono variare dai 30 ai 100 dollari, in base al risultato.
Una situazione complicata che negli scorsi anni ha spesso costretto la LINAFOOT (la lega nazionale) a un cambio di format del campionato: si è passati più volte da una struttura tripartita iniziale (divisa in est, ovest e centro-sud) con girone unico nazionale, a un unico girone nazionale e viceversa.
«Viviamo una situazione paradossale: c’è una differenza come tra il giorno e la notte tra risultati sportivi e risultati economici», spiegava Michel Tobo, direttore del portale online foot.cd, al sito calcioafricano.com.
Le società congolesi, fortemente dipendenti dagli aiuti statali e federali, devono convivere costantemente con il problema della sopravvivenza. Non va dimenticato, infatti, che non si tratta di società professionistiche.
Un discorso che vale anche per Mazembe e AS Vita, le due realtà più famose e blasonate del paese, con all’attivo anche 6 trionfi in CAF Champions League (5 per i Corvi Neri di Lubumbashi, 1 per il colosso della capitale Kinshasa), costrette ad operare in un contesto amateur: «Nonostante il loro blasone e i loro successi, TP Mazembe e AS Vita dal punto di vista normativo sono due società amatoriali», affermava Tobo. «Vengono gestiti come club professionistici, ma si muovono all’interno di un campionato dilettantistico».
Un passo in avanti era stato fatto nel 2019, quando la LINAFOOT ha stretto un accordo con due emittenti televisive per la trasmissione del girone di ritorno della Vodacom Ligue 1, il campionato della Rd Congo. Ad oggi, però, il torneo è ancora fortemente dipendente a livello finanziario dalle entrate provenienti dall’accordo di sponsorizzazione sottoscritto con Vodacom: la famosa compagnia di telecomunicazione sudafricana, che sponsorizza il torneo dal 2018, versa ogni anno circa 1,5 milioni di dollari nelle casse della LINAFOOT.
Fondi vitali per il sostentamento di tutto il carrozzone, anche se sufficienti solamente a coprire i costi di gestione e le spese di organizzazione del torneo. I club, dal canto loro, faticano a trovare dei partner commerciali: «le istituzioni non facilitano le operazioni, non offrono nessuna garanzia agli investitori», rivelava sempre Tobo.
Lo stop forzato del torneo, quindi, non deve stupire più di tanto. Specie se si considera che, ai problemi di natura economica e logistica, se ne sono aggiunti altri di natura politica: a fine aprile, infatti, una crisi istituzionale ha fatto finire la Federcalcio congolese (FECOFA) sotto la lente d’ingrandimento della FIFA.
In questa situazione, azzardare una data per la possibile ripresa del campionato, risulta un’operazione assai complessa. Inizialmente era stata indicata quella 5 maggio, ma alla fine la proposta è caduta nel vuoto, e si è scelto invece di abolire definitivamente i campionati di serie A e serie B per questa stagione.
Intanto, favorito dalle perenni condizioni di instabilità e incertezza, è già cominciato l’esodo dal torneo dei migliori giocatori. Un fenomeno che, per la verità, andava avanti già da qualche anno, ma che adesso ha subìto una forte accelerata, impoverendo ulteriormente il campionato congolese.
«Non è mai facile lasciare il proprio paese, ma quando ti viene offerta la possibilità di giocare in un campionato strutturato, che si svolge normalmente, è difficile rifiutare», ha spiegato a Le Monde l’attaccante Fiston Mayele, che nel 2021 ha lasciato l’AS Vita per trasferirsi in Tanzania, agli Young Africans, con i quali si appresta a giocare la finalissima di CAF Confederation Cup.
Un vero peccato se si pensa che, secondo l’IFFHS (la Federazione internazionale di storia e statistica del calcio), solo quattro anni fa la Vodacom Ligue 1 era considerata il terzo miglior campionato d’Africa e il trentaduesimo nel mondo. Oggi, invece, si ritrova fuori dalla top 5 in Africa ed è sprofondato addirittura oltre la top 80 nel ranking globale. La perfetta fotografia del declino.